I batteri comunicano per aiutarsi a resistere agli antibiotici

Scritto da:
Salvatore Maurizioli
Durata:
1 minuto
Rendering 3-D di ceppo batterico. (Credit: © fotoliaxrender / Fotolia / SD)
Rendering 3-D di ceppo batterico. (Credit: © fotoliaxrender / Fotolia / SD)

Una nuova ricerca dalla Western University dimostra che esiste una comunicazione che permette ai batteri come Burkholderia cenocepacia di resistere ai trattamenti antibiotici.

Il B. cenocepacia è un batterio ambientale che causa infezioni devastanti in pazienti affetti da fibrosi cistica o con un sistema immunitario compromesso.
Il dottor Valvano mostra che le cellule più resistenti agli antibiotici, all’interno di una popolazione batterica, producono e condividono piccole molecole di cellule meno resistenti, proteggendosi e rendendo loro quindi più forti contro lo sterminamento degli antibiotici.
Queste piccole molecole, che sono derivate da amminoacidi modificati (ovvero ciò che sta alla base delle proteine), proteggono non solo le cellule più sensibili del B. cenocepacia ma anche gli altri batteri inclusi i patogeni della fibrosi cistica, Pseudomonas aeruginosa ed Escherichia coli.

Questa scoperta rivela un nuovo meccanismo di resistenza antimicrobica basata su una comunicazione chimica tra cellule batteriche attraverso piccole molecole che proteggono dagli effetti degli antibiotici.
Grazie a ciò sarà possibile progettare nuovi farmaci più efficaci che riescano a bloccare gli effetti di queste sostanze chimiche, riducendo quindi la resistenza antimicrobica.

Queste piccole molecole possono essere utilizzate e prodotte dalla maggior parte di batteri con pochissime eccezioni, quindi possiamo considerarle come un linguaggio universale che può essere capito dalla maggior parte dei batteri.
Un altro modo della Burkholderia di mostrare la sua alta resistenza è rilasciare piccole proteine che vengono assorbite dagli antibiotici che per loro sarebbero letali, riducendone così l’efficacia.
Conoscendo questi meccanismi, sarà possibile trovare il modo per inibire questo processo e fermare in modo più efficace l’infezione derivata da tali batteri.

Salvatore Maurizioli
10 luglio 2013