L’archeologia alpina rivela la vita d’alta quota attraverso i secoli

Scritto da:
Leonardo Debbia
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Un team internazionale di archeologi e paleoecologi inglesi e francesi, guidati da esperti dell’Università di York, Regno Unito, ha scoperto prove di attività umane sulle alte pendici delle Alpi francesi, risalenti a oltre 8000 anni fa.

Campionature in uno dei laghi alpini d’alta quota (fonte: università di York)

Lo studio, condotto per 14 anni nel Parc National des Ecrins, nelle Alpi meridionali, il quinto parco nazionale francese, è una delle indagini archeologiche più dettagliate svolte in alta quota.

E’ stata così svelata la storia dell’occupazione e delle attività antropiche dal Mesolitico al periodo post-medievale in uno degli ambienti più difficili del mondo.

Nel lavoro sono stati inclusi scavi di una serie di recinti di pietra per animali e abitazioni umane considerate fra le più complesse strutture dell’Età del bronzo realizzate in alta quota, che si trovano un po’ ovunque sulle Alpi.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Quaternario Internazionale, è stata condotta dal Dr Kevin Walsh, docente di Archeologia del paesaggio presso l’Università di York, in collaborazione con Florence Mocci, ricercatrice del Centre Camille Julian e del ‘Centre national de la recherche scientifique’ (CNRS), Aix-en-Provence.

Walsh ha spiegato: “Il paesaggio d’alta quota di 2000 metri e oltre, è considerato remoto e di poca importanza. Molti ricercatori avevano ipotizzato che le prime società avessero mostrato poco interesse per queste zone. Questa ricerca mostra, invece, che gli uomini, così come il clima, hanno avuto un ruolo nell’interazione con l’ambiente alpino fin dal Mesolitico. Questo studio ha modificato radicalmente la nostra comprensione delle attività antropiche nelle zone sub-alpine e alpine, mettendone in mostra la profonda rilevanza per una più ampia comprensione delle interazioni uomo-ambiente in aree ecologicamente sensibili”.

Gli scavi effettuati dal team di Walsh hanno mostrato che l’attività umana ha plasmato il paesaggio alpino durante un arco di tempo notevole, attraverso le Età del bronzo e del ferro, l’Età romana e medievale, mentre le persone progredivano, passando dalla caccia ai sistemi agricoli, gestiti sempre meglio, tra cui risalta – ad esempio – lo spostamento stagionale del bestiame dalle basse altitudini ai pascoli alpini, meglio conosciuto come transumanza.

“Il periodo più interessante è il Calcolitico / Età del bronzo, quando le attività umane, in particolare quelle in sostegno della pastorizia, cominciarono davvero a dominare l’ambiente”, ha detto Walsh. “Le costruzione dell’Età del bronzo che abbiamo studiato hanno rivelato il chiaro sviluppo della pastorizia stagionale, usanza che sembra sia stata mantenuta nel corso dei secoli, con l’aggiunta di nuovi recinti e l’abbattimento di alberi per creare nuovi pascoli.

Esistono prove che la regione è stata occupata per molti secoli, segnando l’inizio di una gestione più sostenibile del paesaggio alpino e lo sviluppo dei sistemi agricoli e pastorali che vediamo ancor oggi sulle Alpi”.

Lo studio ha anche scoperto campi di caccia risalenti all’Età della pietra, collocati in condizioni spesso inospitali, al limite superiore del bosco alpino, al di sopra dei 2000 metri.

Un reperto particolare è stata poi una punta di freccia di selce neolitica rinvenuta a 2745 metri, ritenuta la più alta quota sulle Alpi dove sia mai stata trovata una freccia.

Dal 1998, il team ha visitato più di 300 siti in tutta una serie di valli del Parc National, analizzando i pollini contenuti nelle carote di torba e fango prelevate dai laghi, e i resti di legno carbonizzato.

“Il risultato è che ora abbiamo una più chiara comprensione di come queste zone bellissime siano state sfruttate da diversi nuclei umani nel corso dei millenni”, assicura Walsh.

Leonardo Debbia
6 ottobre 2013