“Concentriamoci” sull’energia solare

Scritto da:
Leonardo Debbia
Durata:
1 minuto

PS10-soltar-towerL’idea di usare la luce del sole per le nostre necessità ha radici lontane. Di un paio di millenni, se soltanto si pensa ad Archimede e ai suoi specchi ustori.

Nella prima parte del secolo scorso si studiarono varie tecniche per poter sfruttare questa fonte di energia, che era ritenuta – per così dire – a portata di mano, illimitata ed economica. Ben presto, tuttavia, con l’avvento del petrolio e degli idrocarburi prima e con l’energia nucleare poi, si perse l’interesse nei suoi confronti e venne relegata in secondo piano.

Con l’insorgenza delle crisi energetiche degli anni ’70 e la pericolosità delle centrali nucleari che si ebbe purtroppo la sventura di poter verificare, sul finire del secolo l’energia solare tornò alla ribalta, diventando oggetto di indagine, di valutazioni e di applicazioni.

Senza entrare nel merito delle varie tecnologie che si andarono via via sperimentando, talvolta assoggettate a logiche sia di ricerca che di mercato, cercherò qui di descrivere gli obiettivi raggiunti oggi, trattando in particolare i sistemi “a concentrazione”.

I sistemi a concentrazione solare consentono di convertire l’energia solare in energia termica sfruttando la riflessione dei raggi del Sole per mezzo di superfici riflettenti (specchi o eliostati) e facendo convergere i raggi riflessi verso un unico ricevitore, meglio definito come “collettore a concentrazione”.

L’impianto solare a concentrazione è anche un impianto solare termodinamico. Infatti, oltre a produrre l’energia termica come i comuni impianti solari, include anche un ciclo termodinamico particolare (o ciclo Rankine) per la trasformazioone dell’energia termica in energia elettrica tramite una turbina a vapore e un alternatore, come avviene nelle comuni centrali termoelettriche.

La torre PS10, il primo impianto solare commerciale di Sanlùcar la Mayor
La torre PS10, il primo impianto solare commerciale di Sanlùcar la Mayor

In confronto ai pannelli solari, che producono una quantità limitata di energia, con questa tecnologia si raggiungono temperature di 600°C e oltre, traendone indubbi vantaggi per quel che riguarda la produzione di energia elettrica.

Grazie poi alla possibilità di accumulo di calore in appositi serbatoi, è stato successivamente raggiunto un ulteriore vantaggio rispetto alle tecnologie solari termiche e fotovoltaiche: la produzione di energia è divenuta “continua”, non viene cioè sospesa né di notte né con il cielo coperto. Almeno per un certo periodo di tempo.

Il solare dinamico a concentrazione fu ideato in Italia dal Premio Nobel Carlo Rubbia, ma in Italia il progetto non trovò applicazione, e anzi venne osteggiato.

Non andò così nel resto del mondo. Se ne sperimentarono gli effetti in particolar modo in Spagna.

In una vasta area dell’Andalusia meridionale, a Sanlùcar la Mayor, nelle vicinanze di Siviglia, si innalzano oggi gli apparati – d’aspetto fantascientifico – che applicano la nuova tecnologia.

Il primo impianto commerciale al mondo venne inaugurato nel 2007 da Abengoa Solar, la società spagnola che progetta e costruisce impianti solari e produce energia mediante le tecnologie del fotovoltaico, del fotovoltaico concentrato e dell’energia solare dinamica a concentrazione.

La torre sede del ricevitore, chiamata PS10 (Planta Solar 10), è alta 115 metri, è dotata di 624 pannelli solari in grado di produrre 11 Megawatt di energia all’anno per seimila abitazioni, evitando l’immissione nell’atmosfera di 6700 tonnellate annue di CO2.

Il 23 settembre 2009 l’Abengoa Solar inaugurò quindi nella stessa area una seconda torre, la PS20 (Planta Solar 20), il più grande impianto solare a concentrazione mai costruito in Europa.

Questa seconda torre ha una tecnologia più avanzata rispetto alla precedente PS10. Alta 165 metri, è provvista di 1255 eliostati, di 120 mq di superficie ciascuno ed è in grado di generare energia elettrica per circa 20 Megawatt, coprendo il fabbisogno di 10.000 abitazioni l’anno e risparmiando 12.000 tonnellate di emissioni annue di CO2.

L’area solare di Sanluca la Mayor, conosciuto come Solucar, è oggi uno degli impianti più importanti al mondo per lo sfruttamento dell’energia solare.

Area solare Solucar, in Andalusia, con le torri PS10 (a sinistra) e PS20 (a destra)
Area solare Solucar, in Andalusia, con le torri PS10 (a sinistra) e PS20 (a destra)

L’obiettivo di Abengoa Solar in Spagna era ambizioso. Costruire una piattaforma solare, comprendente più torri, che sarebbe andata a regime nel 2013, con una produzione complessiva di 300 Megawatt di energia per 180mila abitazioni.

Ormai prossimi alla conclusione dei lavori, l’intera area solare rifornirà ogni anno 153mila abitazioni, evitando l’emissione di 185.000 tonnellate di CO2.

La Abengoa non era, però, la sola produttrice spagnola ad investire nella nuova tecnologia.

Centrale solare a concentrazione di Fuentes de Andalusia, operativa dal 2011
Centrale solare a concentrazione di Fuentes de Andalusia, operativa dal 2011

Nel 2008 nel Sud dell’Andalusia la Torresol Energy costruì la prima centrale solare a concentrazione che doveva funzionare anche di notte, di proprietà della Gemasolar.

L’impianto è entrato in funzione i primi di ottobre 2011 e – primo nel suo genere – è capace di produrre energia per 24 ore consecutive per una potenza di 19,9 Megawatt.

La torre è alta 130 metri e su di essa puntano 2650 eliostati. Il sistema di immagazzinamento del calore permette una autonomia di 15 ore per produrre energia pari a 110 Gigawatt all’anno, anche nelle ore notturne e nelle giornate nuvolose, per 27mila abitazioni, evitando la emissione di 30.000 tonnellate di CO2 all’anno.

La conservazione del calore avviene grazie al MSES, una soluzione di sali fusi (60% nitrato di potassio e 40% di nitrato di sodio) in grado di trattenere il calore accumulato nella torre.

La produzione di energia elettrica ha superato ogni aspettativa ed è il fiore all’occhiello della compagnia spagnola Torresol che ha realizzato il progetto insieme alla compagnia araba  Masdar Power.

Impianto solare della Gemasolar, Andalusia
Impianto solare della Gemasolar, Andalusia

E in Italia, ci si chiederà?

La Spagna e l’Italia meridionale dispongono di una certa potenzialità per sfruttare questa tecnologia che richiede superfici ampie e significativo irraggiamento al fine di ottenere una buona produzione energetica.

Nell’ambito del progetto Archimede dell’ENEA, in collaborazione con l’ENEL, il 15 luglio 2010 è stata inaugurata a Priolo Gargallo, in Sicilia, la prima centrale termodinamica italiana da 5 Megawatt. L’obiettivo è la produzione di energia elettrica per 12 milioni di Kilowattore, con un risparmio di 2600 tonnellate di petrolio ed evitando l’immissione nell’atmosfera di circa 8.000 tonnellate di CO2.

Naturalmente, accanto ai vantaggi dell’energia “pulita” – in primo luogo, l’assenza di emissioni di anidride carbonica – ci sono anche degli svantaggi, rappresentati dalle notevoli superfici che queste strutture richiedono. L’impatto ambientale che ne deriva è stato criticato da molti.

C’è poi da considerare la sottrazione di terreno all’economia agricola. Un impianto da circa 40 Megawatt in Sicilia, dove l’irradiazione solare è ottima,  può occupare fino a 120 ettari di superficie.

A questi due fattori c’è da aggiungere le spese. Il costo per kilowattora di energia elettrica prodotta con questa tecnologia è attualmente superiore di 5-6 volte quello dell’energia derivata da altre fonti, stando a quanto dichiarato dalla stessa ENEL. Questi costi, ora elevati – si obietta – con il tempo, avviando una produzione di massa, potrebbero essere abbattuti notevolmente.

Ipotesi di parte o calcolo ponderato, ci si può chiedere.

Il problema della disponibilità di grandi spazi ha indotto a prendere in considerazione le zone molto soleggiate e desertiche, le grandi aree del Nord Africa, ad esempio.

Non è però un argomento di facile trattazione, questo. Si dovrebbe farne partecipi gli Stati interessati, la Libia e il Marocco in prima fila, e le trattative non appaiono, al momento, di facile soluzione, come si può ben immaginare.

Resta il fatto – determinante – che la via verso fonti alternative al petrolio e al nucleare è comunque stata tracciata.

Leonardo Debbia
19 febbraio 2013