Ceti e città dei Maya identificati da uno studio di ossa animali

Scritto da:
Leonardo Debbia
Durata:
1 minuto

La maggior parte di ciò che conosciamo sulla civiltà Maya si riferisce ai suoi sovrani e ai suoi templi riccamente decorati. Per sapere qualcosa di più sul resto della popolazione, gli archeologi hanno pensato di studiare le ossa dei loro animali, gran parte delle quali sono conservate presso il Museo di Storia Naturale della Florida (UF).

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Archaeology del mese di Novembre scorso.

Secondo Ashley Sharpe, ricercatrice della UF, il quadro della civiltà Maya finora conosciuto, è ancora molto incompleto e soggetto ad aggiunte indispensabili.

“Sappiamo tutto sui Greci e sui Romani, sulle loro classi sociali, dagli imperatori agli schiavi. Eppure, anche se le classi intermedie e quelle più povere dei Maya erano formate da decine di migliaia di persone, della loro vita quotidiana sappiamo poco o nulla”, afferma la studiosa.

Per la prima volta, nello studio dei Maya, si sono allora cercati indizi sui loro ceti più bassi, esaminando 22mila resti di animali conservati nel Museo della Florida, una delle più grandi collezioni del Centro America.

maya

Ci si chiederà, perché proprio ossa di animali?

“Per conoscere meglio l’economia e le interazioni tra le classi sociali, abbiamo cercato di capire come i Maya avessero acquisito e distribuito le risorse animali”, afferma Sharpe. “Abbiamo così appurato che le classi Maya non erano omogenee, ma mantenevano relazioni commerciali complesse. La distribuzione del cibo e la disponibilità delle risorse animali variavano molto, sia da città a città che tra una classe e l’altra”.

Sharpe, assieme alla collega Kitty Emery, curatrice associata di Archeologia ambientale al Museo della Florida, hanno esaminato i resti animali provenienti dalle rovine di tre città-stato Maya in Guatemala, tra cui il famoso sito di Aguateca, che fu incendiato dopo un attacco a sorpresa da parte di nemici.

L’incendio, tuttavia, non era stato così distruttivo come si potrebbe immaginare e il sito ha un livello di conservazione che ricorda le rovine romane di Pompei.

Sharpe ha anche recuperato i movimenti delle risorse animali importate tramite il commercio ad Aguateca e alle capitali Piedras Negras e Yaxchitan, e ha seguito il flusso delle risorse tra la corte reale, i ceti ricchi e quelli poveri, le capitali e i villaggi del territorio circostante.

“Per i Maya, gli animali erano fonti preziose da cui ricavare pelli, costruire attrezzi, gioielli e strumenti musicali, ma erano anche di vitale importanza come emblemi di stato, di regalità e del mondo simbolico degli dei e quindi spesso costituivano le risorse principali, gelosamente custodite dai ricchi e dai potenti”, afferma Emery.

I ricercatori hanno scoperto, con sorpresa, che i ceti medi si servivano di una vasta gamma di animali, mentre la corte reale e i nobili di più alto livello, al contrario, si limitavano ad un gruppo scelto di animali simbolici e prestigiosi, come giaguari e coccodrilli.

“Ritenevamo che le classi dominanti disponessero di una varietà maggiore”, dice Sharpe.

“I nobili si cibavano di animali considerati prelibatezze, simili a quelle che le persone delle classi sociali medio-alte mangiano attualmente, come il caviale, tanto per fare un esempio”.

Gli abitanti poveri dei villaggi si cibavano soprattutto di pesce e frutti di mare, attingendo ai fiumi locali. Tuttavia, sia le classi povere che quelle medie vicine alle capitali, trattenevano per loro consumo una gran varietà di animali piuttosto che condividerle con i villaggi circostanti, specialmente la maggior parte di animali delle foreste e dell’oceano, che, detto per inciso, distava dalle 50 alle 100 miglia.

Ad Aguateca, oltre 100 miglia dalla costa più vicina, sono state trovate migliaia di conchiglie marine che ricoprivano i pavimenti degli antichi edifici e delle botteghe artigiane.

“Queste genti non avevano animali da soma, come nel Vecchio Mondo, dove per il trasporto delle merci si poteva disporre di asini e di cavalli”, precisa Sharpe. “I Maya trasportavano le loro merci dal mare alle abitazioni sulle proprie spalle, alla lettera. Avrebbero certamente anche potuto servirsi dei fiumi per il trasporto, ma questi erano pochi e per di più la giungla ostacolava gli spostamenti”.

A Yaxchilan, più della metà delle ossa rinvenute erano di cervi, suggerendo che i residenti facevano affidamento soprattutto sulle foreste del territorio, dove il cervo era di casa perchè abituato a nutrirsi nei loro campi di mais.

Esistono comunque prove che i Maya, come nella Gran Bretagna medioevale, avessero regolamentato caccia e pesca, ponendo divieti tra le classi nell’accesso alle risorse animali.

In ciascuna delle tre città, i nobili, il ceto medio e le classi più basse sceglievano tra tipi di specie differenti, suddivise tra risorse marine importate e animali che potevano essere catturati in foreste e fiumi vicini.

Le differenze nelle specie predominanti, come animali marini e cervi, mostrano che le città-stato probabilmente avevano partners commerciali diversi e questo avrebbe certo un senso, secondo Sharpe, dato che sappiamo che le ostilità tra le città erano frequenti.

Ma queste differenze si potrebbero attribuire anche a identità culturali specifiche, precisa la studiosa. Ad esempio, Aguateca era nota per i gioielli ricavati dalle conchiglie.

Come visto, le risorse animali giocavano ruoli importanti nella definizione delle classi e nelle relazioni commerciali tra le città, per cui le due ricercatrici ritengono di poter ampliare le loro conoscenze con ulteriori ritrovamenti.

Leonardo Debbia