Fossile virtuale svela l’aspetto dell’antenato comune tra umani e Neanderthal

Scritto da:
Leonardo Debbia
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1 minuto

Le nuove tecniche digitali hanno consentito ai ricercatori di prevedere l’evoluzione strutturale del cranio nel lignaggio di Homo sapiens e Homo neanderthalensis, cercando di colmare gli spazi vuoti della documentazione fossile e di ricostruire il modello dell’ultimo antenato comune.

Lo studio ipotizza che le popolazioni in cui avvenne questa scissione fossero più antiche di quanto fin qui ritenuto.

Non è una novità che sia esistito un antenato comune tra noi e gli uomini di Neanderthal, la specie estinta dei nostri parenti preistorici più stretti. Ma l’aspetto fisico di questo essere sembrava dovesse rimanere avvolto nel mistero, dal momento che i fossili del Pleistocene medio, il periodo durante il quale avvenne la separazione delle linee evolutive, sono estremamente scarsi e frammentari.

Ma, laddove non si possa disporre fisicamente dell’originale, ecco come oggi si possa supplire con una ricostruzione virtuale.

Il fossile virtuale dell’ultimo antenato comune di Homo sapiens e Neanderthal (credit: Aurélien Mounier)
Il fossile virtuale dell’ultimo antenato comune di Homo sapiens e Neanderthal (credit: Aurélien Mounier)

I ricercatori del Leverhulme Centre for Human Evolutionary Studies (LCHES) presso l’Università di Cambridge, sotto la guida del Dr Aurèlien Mounier, hanno applicato morfometria digitale e algoritmi statistici ai crani fossili appartenuti alla storia evolutiva di entrambe le specie.

Lo studio è consistito nelle misurazioni reali di tutte le variazioni del cranio intervenute nel tempo, che sono poi state riportate in un contesto digitale.

Il ‘fossile virtuale’ è stato realizzato riportando un totale di 797 ‘punti di riferimento’ dai crani fossili e coprendo quasi due milioni di anni della storia del genere Homo, inclusi 1,6 milioni di anni di Homo erectus, crani Neanderthal rinvenuti in Europa e addirittura teschi del 19° secolo provenienti dalla collezione Duckworth di Cambridge.

I punti di riferimento dei campioni hanno fornito un quadro evolutivo da cui i ricercatori hanno potuto tracciare una linea temporale per la struttura del cranio e la ‘morfologia’ dei nostri antichi antenati comuni.

Nella linea temporale gli studiosi hanno quindi inserito un cranio moderno digitalizzato, deformandolo digitalmente per adattare i punti di riferimento e spostandosi lungo la storia evolutiva.

Questo procedimento ha permesso di comprendere come la morfologia di entrambe le specie potrebbe essere confluita nella morfologia del cranio dell’antenato comune nel corso del Pleistocene medio, un arco temporale la cui datazione va da circa 800mila a 100mila anni fa.

Il team ha riprodotto tre possibili forme del cranio ancestrale, corrispondenti a tre diversi tempi intermedi previsti per le due linee. Crani completi sono stati riprodotti digitalmente e poi comparati con i pochi crani fossili originali e i frammenti di ossa del Pleistocene.

Questo ha permesso ai ricercatori di scegliere quale cranio virtuale si adattasse meglio all’antenato condiviso con i Neanderthal e fino a quando ne sia stata più probabile l’esistenza.

Stime precedenti, basate su DNA antico, avevano fissato per l’ultimo antenato comune una datazione intorno ai 400mila anni fa.

Tuttavia, la morfologia del cranio ‘fossile virtuale’ ancestrale più vicina ai frammenti fossili del Pleistocene medio suggerisce che la scissione possa essere avvenuta intorno ai 700mila anni fa e fa ipotizzare che, mentre la popolazione di questi individui era presente in tutta l’Eurasia, l’ultimo più probabile antenato comune abbia avuto origine in Africa.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sul Journal of Human Evolution.

Il cranio virtuale in 3D porta i primi segni distintivi di entrambe le specie. Per esempio, mostra

il germoglio di quello che nel Neanderthal sarebbe diventato il ‘panino occipitale’, la protuberanza accentuata della parte posteriore del cranio che ha contribuito alla forma allungata della testa dei Neanderthal.

Il volto dell’antenato virtuale mostra invece un forte accenno di appiattimento, tratto tipico degli esseri umani moderni, evidente sotto gli zigomi, che contribuisce ad addolcire i lineamenti del nostro viso, che appaiono più delicati.

La fronte massiccia, dai tratti più pronunciati, dell’antenato virtuale è caratteristica della stirpe degli ominidi, molto simile ai primi Homo come pure ai Neanderthal, ma diversa negli uomini moderni.

Mounier afferma che il fossile virtuale ricorda soprattutto i Neanderthal, ma è sorprendente come sia stato Homo sapiens a prevalere nella linea temporale, pur discostandosi dalla traiettoria ancestrale della struttura del cranio.

“La possibilità di un più elevato tasso di cambiamento morfologico nella stirpe moderna suggerito dai nostri risultati sarebbe coerente con i periodi di grande cambiamento demografico e con la deriva genetica che è parte della storia di una specie, passata dall’essere una piccola popolazione in Africa a più di sette miliardi di persone oggi”, dice il co-autore, dott.ssa Marta Mirazòn Lahr, del LCHES di Cambridge.

“La popolazione degli ultimi antenati comuni era probabilmente parte della specie Homo heidelbergensis, nel suo senso più ampio”, puntualizza Mounier.

Questa è stata una specie di Homo che viveva in Africa, Europa e Asia occidentale tra 700mila e 300mila anni fa.

Per il loro prossimo progetto, Mounier e colleghi hanno iniziato a lavorare sul modello dell’ultimo antenato comune di Homo e scimpanzé.

“I nostri modelli non corrispondono esattamente alla realtà, ma in assenza di fossili questi nuovi metodi possono essere utilizzati per verificare ipotesi per qualsiasi quesito paleontologico, si tratti di cavalli o di dinosauri”, conclude Mounier.

Leonardo Debbia