Scoperta una stella antichissima

Scritto da:
giorgio
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E’ stata recentemente scoperta un’antichissima stella facente parte della costellazione del Leone. L’astro, dal momento che ha poco più di 13 miliardi di anni, costellazione del leoneviene considerato il più antico corpo celeste dell’universo conosciuto mai osservato sino ad ora. Basti pensare che il nostro universo si sia originato approssimativamente 13,7 miliardi di anni fa. SDSS J102915+172927, questo è il nome della stella, impronunciabile e difficile da ricordare; dista dalla Terra circa 4000 anni luce ed ha letteralmente sconvolto gli scienziati di tutto il mondo soprattutto per la sua composizione chimica: da diversi esami, tra cui le analisi spettrali, si è dimostrato che la sua massa gassosa è principalmente costituita da idrogeno ed elio. In base alle teorie astronomiche più accreditate ciò non è possibile: è altamente improbabile che una stella avente un’età paragonabile a quella dell’universo contenga ancora combustibile atomico e, al tempo stesso, caratterizzato dall’assenza di metalli pesanti come dovrebbe essere.

Basti pensare che ha un quantitativo di metalli inferiore di 20000 volte quella presente nel nostro Sole, il che costringe gli scienziati a rivedere tutte le loro teorie sulla nascita e sull’evoluzione delle stelle, perché si è sempre ritenuto che corpi celesti di questo tipo non potessero esistere a causa dell’impossibilità dei materiali che lo compongono di condensarsi.

Inoltre, sempre in base alle teorie accettate dalla stessa Comunità Scientifica Internazionale, subito dopo il Big Bang, ossia nei primi istanti di vita dell’universo, i primi elementi a formarsi sarebbero stati proprio l’idrogeno e l’elio e poi il litio: ma proprio questo elemento sembra essere misteriosamente scarso sulla piccola e devole stella, presente con un quantitativo di circa 50 volte inferiore rispetto al normale. Questo è uno dei tanti enigmi che sta attanagliando gli scienziati di tutto il mondo.

La scoperta, annunciata dalla rivista Nature, è stata possibile grazie all’utilizzo della strumentazione del Very Large Telescope dell’ESO posto sui monti cileni; le osservazioni fatte ora sono al vaglio di un corposo team di esperti tra cui figurano numerosi italiani.