Un nuovo studio sull’aspettativa di vita dal prelievo del sangue

Scritto da:
Maria Grazia Tecchia
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prelievo

Per anni i medici hanno avuto pareri contrastanti su quanto possa essere efficace un’analisi annuale del sangue, ma oggi una nuova ricerca dimostra che un semplice esame di questo tipo può predire chi è a più alto rischio di sviluppare problemi cardiaci, e per quanto tempo queste persone potranno ancora vivere.

I ricercatori del Centro Medico dell’Istituto di Murray nello Utah hanno collaborato con scienziati di Harvard e dell’ospedale di Boston su un nuovo studio per stabilire i parametri di riferimento per l’emocromocitometrico completo, ovvero un esame poco costoso che utilizza tutte le informazioni ricavate dal test del sangue includendo informazioni spesso sottovalutate.

I medici hanno usato per anni questo test di laboratorio ma non hanno mai capito fino in fondo tutte le componenti che forniscono informazioni sull’aspettativa di vita, così come afferma il ricercatore Benjamin Horne, direttore di Epidemiologia e Genetica Cardiovascolare, dichiarando che i medici sono ora in grado di fornire una migliore assistenza e possono stabilire se i pazienti potranno avere problemi di salute futuri di una certa entità che potrebbero portare alla morte.

Dal semplice prelievo venoso i medici si riferiscono ad un punteggio di rischio, più alto è il punteggio maggiore sarà il rischio per i pazienti di ammalarsi gravemente in futuro; in questo modo gli individui potranno essere quindi sollecitati ad effettuare controlli più approfonditi e specifici per prevenire il problema.

La ricerca
Questo tipo di studio ha preso il nome di Jupiter, al quale hanno preso parte più di 17 mila persone di 26 diversi paesi seguiti per un massimo di cinque anni.
I partecipanti non avevano mai riscontrato malattie cardiovascolari ma la proteina C reattiva elevata, è stata un marker di infiammazione associato ad una malattia cardiovascolare.
Una volta stabilito il punteggio di rischio CBC, i ricercatori hanno scoperto che questo poteva essere un potentissimo strumento per predire la morte di un individuo: coloro che avevano un punteggio di rischio CBC inferiore avevano una possibilità di morire davvero molto bassa rispetto a coloro che ne registravano uno più alto e che avevano più del 50% di rischio di morte.

“In questo modo si può avere un metodo standardizzato di valutare il rischio di mortalità per tutti i pazienti, non solo per quelli con una storia pregressa di malattie cardiache – ha affermato il dottor Horne – ma bisogna vedere se ora i medici vorranno impiegare questo strumento, che comporta una maggiore raccolta di dati e una certa precisione di comparazione dei risultati.”

Il prossimo obiettivo dello studio è quello di portare il progetto Jupiter in quelle popolazioni che non sono ancora ospedalizzate e che in questo modo potrebbero comunque godere di un’assistenza primaria.

Maria Grazia Tecchia
15 dicembre 2013