Phyllostachys vivax Huangwenzhu il mistero del bamboo mutante

Phyllostachys vivax Huangwenzhu
Phyllostachys vivax Huangwenzhu

Spesso confuso con la sottospecie ‘castillonis-inversa’ della specie giapponese Phyllostachys bambusoides, il Phyllostachys vivax ‘huangwenzhu’ è in realtà una sottospecie del Phyllostachys vivax ed è cinese. La confusione è data dalla similitudine delle due specie soprattutto per via dei colori del culmo, verde intenso con i solchi gialli, ma la particolarità che distingue la sottospecie del vivax da quella del bambusoides è nellaparticolarità con cui la Natura si è divertita a dipingere questi due magnifici bamboo, il primo in modo leggero, striato, con licenza artistica,il secondo invece con rigore, maggior decisione, pennellate decise e compatte. In entrambi i casi sembrano dipinti ad acquerello, e si tratta di dei bamboo più scenografici ricercati sia in giardini privati che in parchi pubblici, ma c’è una particolarità che contraddistingue in modo unico, e forse unico tra gli oltre 2000 tipi di bamboo esistenti oggi al mondo, e cioè la mutazione in tempo reale.

Per i meno addetti alla materia, dovete sapere che i bamboo mutano naturalmente la propria genetica creando nuove varietà o sottospecie, o addirittura creando nuove specie che poi nel tempo si distaccano talmente dalla specie madre da identificare un nuovo genere. Questa mutazione è ancora sotto studio da parte della botanica e presenta ancora numerosi misteri, ma un dato è stato ormai accertato, e cioè che la mutazione genetica avvioene sempre a seguito di una fioritura, come se la fioritura fosse un momento di stress notevole al punto da richiedere un nuovo adattamento all’ambiente, ed è per questo che solitamente, nella maggior parte dei casi, la pianta che fiorisce poi muore, anche se non sempre, dando origine al suo posto ad una nuova pianta con nuova genetica. Ebbene, il Phyllostachys vivax ‘huangwenzhu’ è l’unico bamboo al mondo oggi noto in grado di mutare geneticamente ancora in vita e senza fioritura, al punto che nello stesso boschetto si possono trovare all’improvviso due sottospecie del Phyllostachys vivax, e cioè la sottospecie ‘huangwenzhu’ e la sottospecie ‘huangwenzhu inversa’, quest’ultima esattamente sviluppata in negativo rispetto alla prima, e cioè con canna gialla e solchi verdi, con stesse pennellate stiate e alla base del culmo anche con effetto variegato nelle larghezze elle striature. Uno spettacolo da non credere.

Si tratta ovviamente di un bamboo raro, difficile sia da trovare che da collezionare in Italia, anche per via delle dimensioni che raggiunge, circa 20 m di altezza e 12 cm di diametro, ma la sua alta resistenza la gelo, -20°C, e l’impressionante valore estetico potrebbero sicuramente agevolarne la diffusione in Italia sia come bamboo da legno che decorativo, senza dimenticare che essendo un vivax, è un grandecorridore e la diffusione estremamente veloce e fitta dei suoi rizomi lo rendono tra i bamboo giganti migliori nel controllo dell’erosione e smottamento dei suoli a rischio idrogeologico o lungo le scarpate di alvei a rischio inondazione. La grande quantità di carbonio che poi metabolizza un bamboo gigante di tal tipo è impressionante, fissando così CO2 dall’atmosfera per costruire la sua biomassa in quantità enormi da lasciare pochi dubbi a quanto poco ancora si conosce del bamboo in Italia, ma soprattutto quanto si sta perdendo, in tempo e risorse, nella soluzione di uno dei problemi più angoscianti il mondo scientifico, il Global Warming da gas serra.

In cinese Huang Wen Zhu significa bamboo dal solco giallo, da cui il nome di questa spettacolare sottospecie, e data la sua rarità, per chi volesse farne foto o osservarlo dal vero, in Italia è presente nella collezione Madake Bamboo Collection in provincia di Frosinone, con la doppia particolarità che oltre al Phyllostachys vivax ‘huangwenzhu’ si potrà osservare anche la sua mutazione in Phyllostachys vivax ‘huangwenzhu-inversa’ già spuntata. La collezione è ad ingresso gratuito ma su appuntamento poiché privata.

Thomas Allocca

Starordinaria fioritura di Pleioblastus distichus presso la MADAKE Bamboo Collection, accade ogni 60 anni

fioritura Pleioblastus distichus
fioritura di Pleioblastus distichus.

Originario del Giappone, il Pleioblastus distichus (sinonimi: Arundinaria pygmaea disticha, Arundinaria variabilis disticha, Bambusa disticha, Pleioblastus pygmaeus distichus, Sasa disticha, Sasa pygmaea disticha) è un bamboo nano, temperato (resiste fino a -15°C), leptomorfo (rizoma invasivo di tipo monopodiale), che raggiunge al massimo 60 cm di altezza.

Noto anche come bamboo dalle foglie a forma di palma, o di felce, risulta molto elegante e impreziosisce in modo semplice ma efficace, rimanendo tra l’altro verde tutto l’anno, ogni angolo di giardino, e insieme alla sua sottospecie Pleioblastus distichus minor (sinonimi: Pleioblastus pygmaeus distichus, Pleioblastus pygmaeus) che raggiunge non oltre i 20 cm di altezza, è tra i bamboo tappezzanti più in uso in Giappone per la creazione di tappeti erbosi. I loro fusti morbidi rendono anche agevole il taglio con macchine tosaerba, per veri e propri pati di bamboo.

Il Pleioblastus distichus presente nella mia collezione Madake Bamboo Collection in provincia di Frosinone, ha sviluppato una fioritura già lo scorso anno il 2 aprile 2011, ed ora una nuova fioritura a partire dal giorno 8 marzo 2012. Cosa c’è di tanto particolare? Presto detto: la fioritura dei bamboo è un evento straordinario, che accade a cicli diversi a seconda delle specie, da pochi anni a oltre cento, e il ciclo di fioritura del Pleioblastus distichus è di circa 60 anni. In altre parole, le piante che oggi stanno fiorendo ripeteranno il loro ciclo di fioritura intorno al 2070.

Chi ha la fortuna di vederlo una volta forseè anche l’unica in tutta la sua vita. La fioritura dei bamboo è ancora un mistero per la botanica, poco si è scoperto a riguardo, così come è un mistero il fatto che molte specie fioriscono e poi muoiono generando mutazioni genetiche che danno origine a nuove specie o a sottospecie della pianta madre, o il fatto che mentre alcune specie fioriscono una sola volta a fine ciclo, come ad esempio il Pleioblastus chino pumilus (in fioritura presso la mia collezione lo scorso aprile), altre specie ripetono la fioritura due volte, come appunto il mio Pleioblastus distichus che fiorì lo scorso anno ed oggi ha ripreso a fiorire, tra l’altro un mese prima rispetto allo scorso anno. Data la straordinaria occasione, che si ripeterà nella mia collezione solo tra 60 anni, per chi volesse può venire a vedere dal vivo questo fenomeno incredibile e farne foto. Ai botanici, metto inoltre a disposizione la pianta per prelievi di fiori o parti di pianta se necessari allo studio scientifico del fenomeno.

Thomas Allocca

Madake Italian Network, che l’Era del Bamboo Italiano abbia inizio

Phyllostachys bambusoides
Phyllostachys bambusoides.

Il suo nome scientifico è Phyllostachys bambusoides, o più comunemente Madake come lo chiamano i giapponesi (da ma=comune, dake=bamboo, ovvero il bamboo più diffuso ed usato in Giappone), e dei circa 2000 tipi di bamboo esistenti oggi al mondo, è il re dei bamboo da legno. Di origine ancora dibattuta, per molti di origine cinese, per altri giapponese, resta di fatto che il Madake è il bamboo giapponese da sempre, il più comune ed utilizzato del Sol Levante, ma la sua particolarità è nella durezza: nessun altro bamboo, a parità di sezione ed età della canna, ne eguaglia la resistenza.

Il segreto è nella grandissima quantità di carbonio e silicio che riesce ad immagazzinare, dunque il legno perfetto per architetura e artigianato sostenibili, ovvero un legno altamente competitivo con quello degli alberi. E l’idea è proprio questa, promuovere cioè il Madake anche in Italia a sostegno di un mercato produttivo a base legno in cui si possa usare del bamboo piuttosto che degli alberi. Il vantaggio sostenibile? Presto detto: partendo da zero, un bambuseto di Madake impiega 8-10 anni per giungere a maturazione, cioè produrre canne dai 10 ai 15 cm di diametro e tra i 20 ed i 25 m di altezza, consentendo una raccolta del legno annuale, tagliando ogni volta le canne di 3-4 anni di età che sono le più dure, ma la cosa più sorprendente è che le canne, a differenza degli alberi, si rigenerano ogni anno, mentre un albero tagliato è morto per sempre, oltre al fatto che per avere un albero da taglio occorrono almeno 40 anni.

Sulla base di queste considerazioni, nel 2012 si è attivato il Madake Italian Network al fine di promuovere la coltivazione di questo bamboo per una produzione italiana di materia prima e l’incentivazione di una filiera del bamboo italiano di eccellenza creando un mercato “made in Italy” anche nel settore del bamboo. L’iniziativa è nata dal sottoscritto, designer e giornalista ambientalista, nonché collezionista di bamboo e promotore in modo particolare del Madake sin dal 2006 (attraverso sia la Madake Bamboo Collection che ricerche specifiche elogiate dalla European Bamboo Society e presto in un libro in fase di ultimazione), e in poche settimane vi hanno già aderito diversi privati, tra cui Thomas Victor Froese e Michele Carretta tra i massimi esperti di bamboo in Italia. Finalità del Network è promuovere e coordinare una rete di esperti, dai produttori delle piante ai venditori del prodotto finito, coprendo così l’intera filiera, per una filiera tutta italiana basata sul Phyllostachys bambusoides, con cui giungere in una decina di anni ad una vera e propria rivoluzione “verde” dell’Italia, partendo dalla promozione e il sostegno di una vasta piantumazione di Madake a livello nazionale, dando cioè la possibilità a chiunque di partecipare alla rivoluzione, dal piccolo coltivatore con appena 100 mq di giardino, al latifondista.

L’adesione al progetto non è vincolante ed è gratuita, e questo nell’interesse di tutti, in quanto così facendo non esisterà una competizione territoriale di piantagioni bensì lo scopo è proprio quello di averne il più possibile: maggiore sarà la produzione complessiva nazionale, maggiore sarà la possibilità per tutti di immettere il prodotto sul mercato anche avendone una piccola produzione, in sostanza più Madake ci sarà in giro più facilmente si venderà il proprio. Attivata la filiera, si registrerà un marchio Madake Italiano che verrà assegnato alla produzione di ogni aderente, così da distinguerne la qualità da quello estero. Il Madake Italian Network ha lo scopo di creare una nuova imprenditoria “verde” italiana, di alta qualità, competitiva a livello internazionale, basata su una delle risorse naturali più sostenibili al mondo, eppure ancora sottovalutate. Crederci quanto noi è quanto basta, e farsi sfuggire la possibilità di sentirsi fieri un giorno di dire “io ci ho creduto ed ho preso parte alla rivoluzione” sarebbe un peccato: una rivoluzione senza armi né perdenti, fatta di soli vincitori, la rivoluzione del Madake italiano, l’inizio di una nuova era dell’economia italiana, l’Era del Bamboo “made in Italy”. Per la lista aggiornata degli aderenti e della superficie nazionale raggiunta Se si considera inoltre, che il Madake ha delle potenzialità incredibili anche come risorsa naturale per la forestazione intensiva e la riqualificazione ambientale in pieno accordo con il Protocollo di Kyoto, ovvero contro il riscaldamento globale da emissioni di CO2, e questo perché è un grande fissatore di carbonio (che trasforma in biomassa e molto più di ogni altro bamboo, e molto più di molte specie d’albero), non si aspetti oltre, che si invada l’Italia di Madake, perché, per citare il mio motto “di CO2 si muore, ma il Madake ci vive”.

Thomas Allocca

Dendrocalamus Asper: il gigante “buono”

Dendrocalamus asper bambu
Dendrocalamus asper

Il Dendrocalamus asper è uno dei bambù giganti per eccellenza, straordinariamente apprezzato in tutto il sud-est asiatico, in Australia e nelle Americhe tropicali, sia per i suoi deliziosi germogli che per le sue possenti canne da legno. Tra i bambù più veloci, può raggiungere la sua massima altezza in poco meno di 8 settimane dall’emergere del germoglio dal suolo, con canne che possono raggiungere i 35 metri di altezza e 30 cm di diametro, è anche uno dei bamboo tropicali (inizia a presentare incapacità di sopravvivenza intorno ai -5°C), non invasivi, tra i più belli da esibire nel proprio giardino, latitudine permettendo, soprattutto nella versione nera ovvero la sottospecie Dendrocalamus asper black (sinonimo: Dendrocalamus asper Betung-Hitam).

I suoi germoglio, se colti entro qualche giorno dallo spuntare del suolo, cioè prima che inizino il processo di lignificazione per diventare canne, sono tra i più ricercati e apprezzati nella cucina asiatica e possono pesare anche oltre 5 kg l’uno, costituendo così una fonte inesauribile di proteine e fibre per le popolazioni contadine e più povere dove all’agricoltura tradizionale è associata quella dei bambù giganti. Sperimentato anche come legno da costruzione, ricco di resine riesce a dare le migliori prestazioni di resistenza meccanica in forma di pannelli a fibra orientata, risultando comparabile ai tradizionali pannelli di pioppo.

La particolare formazione di barba legnosa tutt’intorno i primi quattro-cinque nodi basali ha permesso lo sviluppo di una straordinaria cultura artigianale tribale ancora in uso soprattutto in Indonesia dove si incide nelle canne più vecchie e stagionate, e riverse, le si fanno corrispondere a volti con capelli o barbe davvero impressionanti per la loro veridicità espressiva, per lo più usate a scopo ritualistico o apotropaico.

Esistono diversi cloni cioè diverse sottospecie con propri differenti cultivar per un totale di sedici tipi:

1) Dendrocalamus asper Chiang-Run, 35 m di altezza, 25 cm di diametro, pareti interne fino a 2,5 cm di spessore, internodi fino a circa 60 cm;
2-6) Dendrocalamus asper Suranari, con cinque cloni diversi ancora sotto studio;
7) Dendrocalamus asper Giant, 20 m di altezza, 20 cm di diametro, pareti interne fino a 1,5 cm di spessore, internodi fino a circa 40 cm;
8) Dendrocalamus asper Thai-Black, 15 m di altezza, 15 cm di diametro;
9) Dendrocalamus asper Thai-Green, 15 m di altezza, 15 cm di diametro;
10) Dendrocalamus asper Si-Prachin, sotto studio;
11) Dendrocalamus asper Tong-Mo, 30 m di altezza, 30 cm di diametro;
12) Dendrocalamus asper Tong-Nu, 8 m di altezza, 6 cm di diametro;
13) Dendrocalamus asper Tong-Lai, sotto studio;
14) Dendrocalamus asper Black (Dendrocalamus Asper Betung-Hitam), 30 m di altezza, 20 cm di diametro;
15) Dendrocalamus asper Nusa-Verde, 30 m di altezza, 30 cm di diametro;
16) Dendrocalamus asper Yunnan, 20 m di altezza, 15 cm di diametro.

Non c’è che dire, davvero un gigante, impressionante, ma assaggiatene le primizie dei nuovi getti in tarda primavera/estate, non spaventa più di tanto, un vero gigante “buono” che chiunque vorrebbe avere fuori casa.

Thomas Allocca