Le libellule delle Alpi. Come riconoscerle, dove e quando osservarle. Matteo Elio Siesa. Blu Edizioni

La perfezione non esiste… ma qualche volta ci si va molto vicini.
E i processi evolutivi che ci hanno (o)donato le attuali libellule hanno indubbiamente sfiorato la perfezione: piccoli jet militari con quattro ali in grado di volare così acrobaticamente che le Frecce Tricolori possono accompagnare solo. Insetti incredibili che hanno fatto la loro comparsa sulla Terra a partire dal Carbonifero, con antenati che potevano raggiungere i 70 cm di apertura alare, che oggi possono essere ammirati in diversi ambienti, ammesso che sia presente acqua dove possano deporre le uova e dove si possano sviluppare le loro larve. La loro presenza non è solo una gioia per gli occhi dei fotografi naturalistici, ha anche una grande valenza ecologica in quanto rappresentano degli impeccabili indicatori ambientali che ci permettono di conoscere lo stato di salute dell’ambiente in cui vivono. Animali così affascinanti che spesso sono apprezzati anche da chi prova un atavico odio nei confronti degli Insetti, tanto da essere quasi mitizzati e presi ad emblema di libertà e spensieratezza: non è raro, infatti, imbattersi in persone con tatuaggi o gioielli rappresentanti gli Odonati nonostante, eufimisticamente, l’Entomologia non sia propriamente la loro passione.
In tal proposito, come non citare la sintetica, ma impeccabile descrizione che fa di loro Primo Levi: “A mezz’aria si libravano libellule meravigliose, dai riflessi turchini, metallici; metallico e meccanico era anche il loro ronzio. Erano piccole macchine da guerra: a un tratto calavano come dardi su un’invisibile preda“.

La copertina del testo

Diffusissime e ammirate, le Libellule non sono tuttavia adeguatamente conosciute dal grande pubblico da un punto di vista strettamente zoologico ed ecologico anche per la scarsità di validi testi divulgativi attualmente disponibili. Una “nicchia letteraria” libera che tuttavia può essere pienamente colmata dal testo “Le libellule delle Alpi” di Matteo Elio Siesa, un biologo e dottore di ricerca in scienze naturalistiche e ambientali che ha speso tanti anni della sua vita allo studio degli Odonati; il suo libro è un turbinio di nozioni accuratissime, degne di pubblicazioni scientifiche, ma rese fruibili anche per chi non studia dettagliatamente questi Insetti.

Il manuale di riconoscimento è strutturato per poter trattare a 360 gradi l’argomento: le prime 50 pagine passano dall’inquadramento geologico e geografico della regione alpina alle strategie riproduttive e predatorie delle Libellule, passando per le fasi del loro complesso ciclo vitale e per la dettagliata descrizione morfologica delle varie parti in cui è strutturato il loro aerodinamico corpo, concludendo con una dettagliata chiave tassonomica in grado di arrivare alle famiglie.

Dopo questa lunga introduzione, iniziano le schede relative alle 89 specie osservate nei pressi della regione alpina.

Ogni scheda è un piccolo gioiello: sono presenti l’inquadramento tassonomico della specie, una mappa di presenza-assenza elaborata in GIS, le dimensioni in millimetri tanto dell’animale adulto quanto delle esuvie, i principali caratteri diagnostici che permettono il riconoscimento di specie, sottospecie e forme, accurati grafici che ci mostrano in che periodo dell’anno possiamo osservare gli adulti e le quote del loro possibile rinvenimento, il corotipo, ma anche numerose foto tanto dell’habitat tipico quanto degli esemplari, con particolare riferimento al dimorfismo sessuale e alle differenze tra sottospecie e forme di ciascuna specie.
Ce n’è per tutti i gusti!

Ma forse i numeri potranno essere più eloquenti: 750 fotografie a colori, 300 disegni di particolari morfologici, 89 cartine di distribuzione, 270 tra grafici e tabelle.

Esempio di testo

Pro: un testo meraviglioso che permette di tuffarsi nel variopinto mondo delle libellule, aiutandoci a conoscerle sotto numerosi punti di vista, svelandone ogni segreto. Un aiuto fondamentale tanto per chi si occupa per lavoro degli Odonati quanto per chi si diletta solo a fotografarli. Un manuale imprescindibile che dovrebbe trovare spazio nella libreria di qualsiasi Naturalista.

Contro: dal titolo si percepisce una certa regionalità del testo, ma è bene specificare che le specie presentate nel libro sono presenti anche all’esterno delle Alpi; il libro copre infatti tutte le specie dell’Italia continentale, che rappresentano circa il 90% delle specie italiane, e praticamente tutte le specie dell’Europa Centrale. È quindi un libro interessante anche per chi non frequenta la regione alpina.

Andrea Bonifazi

I Pink Floyd suonano ovunque. Anche in fondo al mare!

Sheldon Cooper o il Professor Frink dei Simpson, almeno nello stereotipo comune, rappresentano il tipico scienziato medio: monotematico, noioso, attratto esclusivamente dalla scienza; difficile per luitrovare tempo da dedicare ad altre passioni. Appellativi ovviamente quasi sempre infondati, benché ci sia un aspetto che unisce la stragrande maggioranza degli scienziati: l’essere nerd, profondamente e spettacolarmente nerd. E se questa innata indole riesce a trovare un connubio tra scienza e passioni personali, il risultato finale lascia senza parole.
Paradossale rimanere senza parole quando viene trattata la Tassonomia, cioè la scienza che si occupa della classificazione delle varie specie, strettamente legata alla nomenclatura binomiale. Le parole sono fondamentali, ma non è detto che vengano utilizzati vincolatamente termini scientifici, questi possono essere anche presi in prestito dalle passioni personali, dalla musica alla politica, passando per il cinema e lo sport.

Un bel maschio adulto di Synalpheus pinkfloydi (© Arthur Anker)

Emblematico in tal senso è il Crostaceo Synalpheus pinkfloydi, un Decapode Alfeide rinvenuto lungo le coste rocciose di Isla Bartolomé, a Panama.
Specie descritta molto recentemente (nel 2017), è stata ribattezzata con epiteto specifico decisamente autoesplicativo: pinkfloydi. Una latinizzazione che non meriterebbe ulteriori spiegazioni: questo simpatico gamberetto è dedicato ai Pink Floyd!
Come quasi tutti gli Alfeidi (famiglia che annovera molte specie anche lungo le nostre coste), una chela del maschio è particolarmente grande e il suo schiocco può emettere un imponente suono che arriva a 210 decibels, generando una pressione acustica che gli permette di stordire le sue prede, tra cui piccoli Pesci… non a caso sono chiamati “Gamberi pistoleri”! Non è raro passare nei pressi di un acquario e sentire numerosi ‘toc toc toc’ di sottofondo anche a metri di distanza dalla vasca: questi piccoli Artropodi sono sempre attivi!

La celebre copertina di “The Dark Side of the Moon”

Ma veniamo al dunque: cosa c’entrano i Pink Floyd? I tre scienziati che hanno descritto la specie, Arthur Anker, Kristin M. Hultgren e Sammy De Grave, si sono lasciati ipnotizzare dalla sua luminosa e massiccia chela dalle sfumature cromatiche che passano dal rosa shocking al rosso acceso… colorazioni psichedeliche che ricordano le atmosfere che caratterizzano gli scenari tanto cari alla celebre band inglese! E il poderoso suono che sono in grado produrre contribuisce ad incrementare le similitudini con un concerto rock.
Ma la genialità degli autori non termina qui: nel paper in cui viene descritta questa nuova specie, affermano che “purtoppo non è possibile trovarlo nel Dark Side of the Moon per l’assenza di habitat adatti” (letteralmente, quando parlano della sua distribuzione, scrivono: “Presently known only from the type locality on the Pacific side of Panama; likely more widespread in the tropical eastern Pacific, but unlikely to occur on the Dark Side of the Moon due to lack of suitable habitat“).

90 minuti di applausi. Come ad un bel concerto.

Andrea Bonifazi

Bibliografia

Anker, A., Hultgren, K. M., & De Grave, S. (2017). Synalpheus pinkfloydi sp. nov., a new pistol shrimp from the tropical eastern Pacific (Decapoda: Alpheidae). Zootaxa, 4254(1), 111-119.

Quando la realtà supera la fantasia: il curioso caso del “Matsugoro” di Sampei

Ci sono libri che segnano l’infanzia.
Ci sono film che segnano l’infanzia.
Ci sono cartoni animati che segnano l’infanzia.

A quest’ultima categoria appartiene sicuramente il cartoon giapponese Sampei, la storia di un ragazzo giapponese poco più che adolescente animato da un’incredibile passione per la pesca. Basato su un manga realizzato da Takao Yaguchi tra il 1973 e il 1983, in Italia è stato trasmesso per la prima volta in TV tra il 1980 e il 1982, rappresentando uno step fondamentale nella vita di chi è nato a cavallo tra i mitici anni ’80 e gli spensierati anni ’90.
Bastava avere un minimo interesse per la Natura per ritrovarsi incastrati nella rete (da pesca) di Sampei, divertendosi per il cartone animato, ma apprendendo come se si stesse vedendo un documentario. E non era raro rimanere estasiati da ciò che, nella mente di un bambino, appariva come assurdo, frutto più di una buffa invenzione che di qualcosa di riscontrabile nella realtà. Questo è il caso del cosiddetto “Matsugoro” (in lingua originale ミナミトビハゼ o Minami-tobi-haze), uno stranissimo Pesce che viveva come un Anfibio, protagonista indiscusso degli episodi dal 40 al 42.

Il mitico Matsugoro di Sampei

Cos’era il Matsugoro di Sampei?

Un ghiozzetto che presentava buffe affinità con Rane e Salamandre, che, goffamente, lo si vedeva letteralmente passeggiare tra pozzanghere e fango, trascinandosi lentamente sulle pinne come se fosse un animale terrestre. E se il pescetto incuriosiva, il metodo di pesca non era meno sconvolgente: un’ancoretta con più ami veniva ripetutamente lanciata verso di loro, tentando di infilzarli al volo mentre si muovevano in ambiente subaereo.
Si sa, un cartone animato può prendersi “licenze poetiche” in grado di tratteggiare una linea che separa la vera Natura da quella disegnata e animata, i capolavori della Disney sono proverbialmente basati su questo artistico assunto.
Ma in questo caso la realtà supera di gran lunga la fantasia: il Matsugoro esiste e viene pescato proprio così!

Una bella tavola tratta da “Animal Life and the World of Nature; A magazine of Natural History” (1902) che mostra i Perioftalmi in un mangrovieto

Appartenenti alla famiglia Gobiidae, rappresentata anche in Italia da numerose specie diffuse sia nelle acque interne che in quelle costiere, i goffi “Matusgoro” costituiscono un insieme di in una trentina di specie ripartite in 11 generi e sono globalmente conosciuti con il nome comune di “Mudhoppers” o “Mudskippers” (“Perioftalmi” o “Saltafango” in italiano). Si tratta di animali diffusi in ambiente tropicale e subtropicale lungo le coste sia atlantiche che indo-pacifiche, sebbene il loro habitat ideale siano i mangrovieti che si sviluppano negli estuari e nei tratti più bassi dei fiumi del Sud-Est Asiatico. Specie tipicamente intertidali, cioè in grado di vivere in aree con marcate escursioni di marea, sono in grado di sopportare tranquillamente ore e ore di emersione totale grazie ad alcuni adattamenti anatomici ed etologici che gli permettono di avere questa “doppia vita”, sebbene il loro adattamento più straordinario sia proprio l’abilità di respirare fuori dall’acqua attraverso la cute e la mucosa buccale e della faringe. La respirazione cutanea, simile a quella degli Anfibi e decisamente vincente rispetto al classico e proverbiale utilizzo delle branchie (usate solo da poche specie), unita alla capacità di scavare profonde tane sotterranee nell’umido fango sia per termoregolarsi che per sfuggire ad eventuali predatori, ha permesso a questi “pesci anfibi” di conquistare ambienti così differenti tra loro. Ma l’umido ambiente terrestre non è solo un posto dove sopravvivere passivamente durante la bassa marea, questa strategia evolutiva li ha resi così specializzati che si accoppiano, si nutrono e addirittura combattono all’aria aperta.
Nel 2017 un gruppo di studiosi provenienti dal Brunei, dalla Malesia e (orgogliosamente) dall’Italia, ha messo in evidenza come specie morfologicamente quasi identiche possano tuttavia vivere in ambienti ecologicamente molto differenti, variando parametri quali salinità, vicinanza al mare e vegetazione. I risultati di tale studio, dal titolo “Habitat segregation and cryptic adaptation of species of Periophthalmus (Gobioidei: Gobiidae)”, sono stati pubblicati sulla rivista internazionale “Journal of Fish Biology”.

Un esemplare di Periophthalmus argentilineatus a riposo fuori dall’acqua (Ph. Heinonlein)

Quindi esiste il celebre Matsugoro avidamente pescato dal ragazzo dalle “grandi orecchie a sventola”?
Sì, e con tutta probabilità appartiene alla specie Periophthalmus argentilineatus, Pesce relativamente comune in Giappone meridionale e oggetto di studi sempre più approfonditi, tanto che nel 2016 un’equipe di scienziati dell’Università di Xiamen, in Cina, ha reso noto il sequenziamento completo del suo genoma, pubblicando lo studio sull’autorevole rivista “Mitochondrial DNA Part A” .

Una sana dose di fantasia è meravigliosamente vitale, ma quando questa viene superata dalla realtà, lo stupore è ancor più grande… e i cartoni animati si tramutano in incredibili e insospettabili documentari.

Andrea Bonifazi

Bibliografia

Polgar, G., Zaccara, S., Babbucci, M., Fonzi, F., Antognazza, C. M., Ishak, N., … & Crosa, G. (2017). Habitat segregation and cryptic adaptation of species of Periophthalmus (Gobioidei: Gobiidae). Journal of Fish Biology, 90(5), 1926-1943.

Qiu, H., Zhang, Y., Li, Z., Chen, S., Hong, W., & Wang, Q. (2017). Complete mitochondrial genome and phylogenetic analysis of the barred mudskipper Periophthalmus argentilineatus (Perciformes, Gobiidae). Mitochondrial DNA Part A, 28(2), 185-186.

Guida ai minerali. 700 minerali, gemme e rocce. Rupert Hochleitner. Ricca Editore

I minerali piacciono.
I minerali piacciono ai mineralogisti.
I minerali piacciono ai geologi.
I minerali piacciono ai paleontologi.
I minerali piacciono agli archeologi.
I minerali piacciono ai naturalisti.
I minerali piacciono ai gioiellieri.
I minerali piacciono ai cuochi.
I minerali piacciono ai collezionisti.
I minerali piacciono a ladri e contraffattori.
I minerali piacciono a donne e uomini.
Insomma, i minerali piacciono a tutti.

Ma questo indubbio apprezzamento è raramente associato a una loro reale conoscenza. Eppure abbiamo a che fare quotidianamente con svariati minerali: insaporiamo molte pietanze con NaCl, indossiamo ciondoli di SiO2, abbiamo soprammobili in Ag nativo, ammiriamo quadri dipinti con coloranti a base di As2S3, usiamo sul nostro corpo polvere di Mg3Si4O10(OH)2 trattata con B(OH)3, ci misuriamo la temperatura con termometri (ormai fuori commercio) a base di Hg. Ed è solo la punta del mineralogico iceberg con cui ogni giorno, volenti o nolenti, abbiamo a che fare.
I diamanti sono i migliori amici delle donne”, diceva la bella Marylin.
I minerali sono i migliori amici della Vita”, potremmo ribattere.
D’altronde la Mineralogia è una branca delle Scienze Naturali che interessa l’uomo da millenni, un affascinante diamante dalle infinite sfaccettature. Si arriva ad uccidere per un bel minerale, sono addirittura scoppiate guerre alimentate solo da “mineralogiche motivazioni”.
Oltre al quotidiano e quasi involontario utilizzo che ne facciamo, i minerali costituiscono un diffusissimo hobby. Chi di noi non ha mai messo in bella mostra un minerale sulla mensola di casa?
Cavalcando l’onda, anzi, lo tsunami del collezionismo mineralogico, sono sempre più comuni negozi e mostre-mercato che trattano questi gioielli naturali… e, con loro, aumentano esponenzialmente anche i contraffattori.

La copertina del testo

Per conoscere più adeguatamente l’argomento ed evitare di farsi trovare impreparati, serve un testo di facile comprensione, ma serio e aggiornato: Guida ai Minerali della Ricca Editore è senza dubbio il testo che meglio riesce ad occupare questa nicchia editoriale. Il libro, di impeccabile scuola tedesca, è scritto da Rupert Hoechleitner, Dottore di Ricerca in Mineralogia e vicedirettore del Museo Mineralogico Statale di Monaco di Baviera. Insomma, non un semplice appassionato con l’hobby per questi “colorati sassolini”.
Questo manuale, infatti, è di stampo divulgativo, ma potrebbe tranquillamente essere utilizzato come compendio per preparare un esame universitario.
Sfogliarlo è un piacere: si inizia con alcuni concetti base di Geologia e Mineralogia, dalla differenza tra rocce magmatiche, sedimentarie e metamorfiche e la relativa genesi dei loro minerali caratteristici, alla spiegazione di termini spesso usati a sproposito in questo contesto, come colore, densità, durezza o lucentezza, quindi si passa alle schede illustrate di circa 700 (!) minerali corredate a centinaia di meravigliose foto a colori. Ogni scheda è essenzialmente suddivisa in due colonne: la prima, adatta maggiormente agli specialisti, prende in considerazione gli aspetti “tecnici” del minerale, quale formula chimica, sfaldatura, frattura o sistema cristallino, la seconda, dal taglio più divulgativo, si focalizza su alcuni aspetti più generici, come l’abito cristallino (con associato il suo schema), i dettagli su come si formi e come possa essere trovato in natura, gli altri minerali ad esso associati, le eventuali particolarità e/o impieghi da parte dell’uomo e i minerali simili con cui potrebbe essere confuso.

Esempio di testo

Ciò che rende ancor più affascinante il testo è la suddivisione delle schede su base cromatica. Banale? No, assolutamente.
Non tutti sanno che il colore reale del minerale non è solo quello che vediamo, ma quello ottenuto dallo striscio su una superficie ruvida, caratteristico e invariabile per ogni specie minerale. Quindi la Fluorite, tipicamente molto eterogenea da un punto di vista cromatico, avendo cristalli che variano dal giallo al viola, passando per verde, blu e marrone, ha uno striscio bianco. Anche l’ambra, tanto cara agli amanti di Jurassic Park e proverbialmente gialla/arancione, rientra tra i minerali classificati come bianchi.
Dopo questa lunghissima e chiara dissertazione sui minerali, concludono il testo numerose schede di riconoscimento delle principali rocce in cui possiamo imbatterci durante un’escursione e un’utile e affascinante sezione riguardante le meteoriti.

Esempio di testo

Prima della vita sulla terra, l’unica forma di saggezza era quella della pietra”, disse qualcuno.
Una piccola e colorata enciclopedia che racchiude la storia della genesi del nostro pianeta e nello stesso tempo nutre le nostre conoscenze.

Pro: Un manuale imprescindibile tanto per chi colleziona minerali, quanto per gli studenti che necessitano di un testo che, in maniera immediata e scorrevole, possa far luce su concetti spesso esposti in maniera poco cristallina (tanto per rimanere in tema) sui classici libri universitari. Ma la possibilità di essere fruibile da un pubblico più eterogeneo è senza dubbio il suo punto di forza. Essendo uscito nel 2017, è senza dubbio il migliore e più aggiornato manuale in lingua italiana attualmente presente sul mercato. Utilissimo il righello disegnato direttamente sulla copertina, così da avere anche un immediato riferimento metrico.

Contro: Per chi è completamente avulso da questi argomenti, alcuni termini possono inizialmente apparire un po’ ostici, sebbene alla fine del testo sia presente anche un fondamentale glossario. La classificazione cromatica delle varie specie, sebbene impeccabile da un punto di vista scientifico, può in un primo momento creare qualche disagio in quanto bisognerebbe conoscere a priori il colore dato dallo struscio di un minerale. Ma se l’unica potenziale difficoltà di lettura è data da un grande rigore scientifico, è lapalissiano aggiungere che il testo sia incredibilmente serio e completo.

Andrea Bonifazi

Aliens in the sea, un Progetto per e con i cittadini

Il poster informativo con alcune delle specie aliene in cui ci possiamo imbattere

Il Progetto Partecipato “Aliens in the sea”, a carattere scientifico-culturale, e che avrà la durata di due anni, consiste nella raccolta di dati su un gruppo di 19 specie aliene, vegetali e animali, nelle acque siciliane incluse quelle delle piccole isole che la circondano, al fine di seguirne la diffusione ed inoltre creare una banca dati su distribuzione e livelli di minaccia. Il Progetto si prefigge, inoltre, l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le categorie maggiormente interessate (pescatori, sportivi, diportisti…), al problema delle invasioni biologiche attraverso una corretta informazione.
Per partecipare all’iniziativa, rivolta a tutti i cittadini residenti e non, sarà sufficiente segnalare gli avvistamenti delle specie indicate, con l’invio di dati (ad es. località, data, n. individui, copertura %, profondità,…) e foto attraverso sms, mail, pagina facebook del Progetto o compilando una apposita scheda scaricabile dalla pagina facebook e dal sito del Dipartimento STEBICEF, da dove sarà anche possibile scaricare materiale informativo e un poster in cui sono riportate le specie di cui va segnalata la presenza. A conclusione del Progetto, sulla pagina facebook del Progetto, sarà disponibile un report ed inoltre i dati raccolti saranno oggetto di una pubblicazione scientifica. Referenti del Progetto sono la Dr. Anna Maria Mannino, ricercatore confermato presso il Dipartimento STEBICEF dell’Università di Palermo e Responsabile Scientifico del Progetto, ed il Dr. Paolo Balistreri che da diversi anni si dedica allo studio delle specie aliene.

Rhopilema nomadica, medusa entrata da Suez, è una specie molto urticante che tende a proliferare. Può arrecare danno sia al turismo balneare che alla pesca, occludendo le reti.

Tutti gli uccelli d’Europa. Frédéric Jiguet / Aurélien Audevard. Ricca Editore

E uccelli, uccelli, uccelli,
col ciuffo, con la cresta, col collare:
uccelli usi alla macchia, usi alla valle:
scesi, dal monte, reduci dal mare:
con l’ali azzurre, rosse, verdi, gialle:
di neve, fuoco, terra, aria le piume:
con dentro il becco pippoli e farfalle
“, recitava Giovanni Pascoli.

Siamo stati sempre affascinati da questi meravigliosi animali così differenti da noi, tanto da scriverci poesie e canzoni: incarnano libertà, bellezza, incredibili capacità adattative, intelligenza quasi inaspettata, sono un tripudio di forme e colori… caratteristiche che li rendono oggetto di muta ammirazione. È infatti sempre maggiore il numero di persone che si avvicinano al magico mondo dell’Ornitologia per lavoro o per semplice passione. Lo studio degli Uccelli è estremamente trasversale: sono approfonditamente indagati da Zoologi, da Etologi (si veda Konrad Lorenz), da Ecologi e da Paleontologi (d’altronde è ormai noto che gli uccelli, o “Dinosauri aviani”, siano i discendenti di Tirannosauri e Velociraptor).
Ma conoscerli tutti è pressoché impossibile… sono tanti… tantissimi: nel mondo sono conosciute oltre 10mila specie, quasi 900 delle quali presenti in Europa. Molte di queste possiamo ammirarle in Italia sia in fase stanziale che durante svernamenti e migrazioni. Per conoscerli adeguatamente è necessario un testo completo e serio.

La copertina del testo

Viene così in nostro soccorso la bellissima guida da campo “Tutti gli Uccelli d’Europa“.
Un testo di scuola francese ottimamente realizzato, molto aggiornato e adatto tanto agli esperti quanto a chi si avvicina all’Ornitologia per la prima volta. Come lascia intuire il titolo, sono menzionate tutte le specie che possiamo osservare in Europa, comprese le alloctone e le accidentali. Il volume è suddiviso in macrogruppi (e. g. Aironi, Cicogne, Rondoni, Corvidi…) che ci permettono di individuare agevolmente la specie a cui siamo interessati e, per i vari taxa, è riportata una scheda di facile comprensione suddivisa in paragrafi: Identificazione (vi sono riportate le principali caratteristiche morfologiche, ecologiche ed etologiche), Voce (con tanto di parole onomatopeiche e descrizione della vocalizzazione per aiutarci a identificare una specie anche solo ascoltandola), Habitat (è utile saperlo… se sai dove vive, è più facile ammirarlo e fotografarlo!). È inoltre presente un’utile cartina di distribuzione particolarmente accurata: sono infatti indicati con differenti colori gli areali riproduttivi, le aree di svernamento e le zone in cui è possibile osservarli tutto l’anno. Particolare attenzione è prestata alla descrizione delle modificazioni del piumaggio che in molte specie rendono estremamente differenti i sessi; livree eterogenee sono presenti anche a seconda della stagione, del periodo riproduttivo o dell’età.
Ad ogni scheda sono associate diverse foto dell’Uccello in differenti condizioni: a seconda del taxon, è generalmente riportato in volo, in terra e in acqua. Un totale di oltre 2200 bellissime foto a colori particolarmente accattivanti in grado di fornirci una vaga idea dell’infinita varietà morfologica che caratterizza questi animali.
Un testo che consiglio vivamente se siete interessati all’argomento!

Esempio di testo

Pro: Senza dubbio il miglior testo in lingua italiana dedicato ad Ornitologi ed aspiranti tali. Completo, serio, accurato, di facile lettura, zeppo di belle foto di grande aiuto. Se amate queste affascinanti “divinità alate”, questo volume fa per voi.

Contro: Come ogni altro testo che tratta un numero così ampio di specie, ciò che è riportato è in un costante “equilibrio dinamico”: nuove specie vengono descritte quotidianamente, altre arrivano da altri paesi. Tuttavia il volume è aggiornato al 2016, quindi può essere considerato tassonomicamente impeccabile. Le schede sono ottime, ma a tratti un po’ brevi… ma come testo da campo non esiste nulla di migliore. Da aggiungere che l’utilizzo sul campo necessiterebbe di essere integrato con foto scattate in loco, al fine di riconoscere anche animali osservati per pochi secondi o in volo.

Andrea Bonifazi

All you need is Love(eniidae): romantiche storie di cuori spinosi

Nome omen.
Il nome, secondo gli autori classici, sembra possa celare il destino di una persona. E questo “omen” può essere incredibile… e romantico!

Sven Lovén in una foto d’epoca.

È questo il caso dello Zoologo marino e Malacologo svedese Sven Ludvig Lovén: vissuto tra il 1809 e il 1895, non è noto al grande pubblico come altri suoi colleghi, nonostante la sua rilevante influenza sulla comunità scientifica. Oggi è ricordato soprattutto per la “Sven Lovén Centre for Marine Sciences”, una struttura di ricerca in ambito marino gestita dall’Università di Göteborg, in Svezia. Direttore del Museo Nazionale Svedese di Stoccolma e professore di Storia Naturale all’Università di Stoccolma, è stato un uomo che indubbiamente ha donato tanto alla Scienza e numerose sono le specie da lui descritte. La sua indiscutibile grandezza ha fatto sì che numerose siano anche le località dedicategli postume, quali il promontorio Kapp Lovén presso l’isola Nordaustlandet, la montagna Lovénberget che si erge dall’isola Spitsbergen, il lago Lovénvatnet presso Oscar II Land e il ghiacciaio Lovénbreane a Brøggerhalvøya, tutte località osservabili nell’affascinante arcipelago delle Isole Svalbard, in Norvegia.
Nulla di straordinario, è prassi abbastanza comune il dedicare luoghi, minerali, animali o piante a personalità che si sono particolarmente distinte in ambito scientifico.

Eppure Lovén ha qualcosa in più: il suo nome.
Nome omen. Da Lovén a Love il passo è breve, quasi prevedibile e sillogistico. E fu così che, volontariamente o meno, il freddo e nordico cognome venne associato a qualcosa di romantico e passionale come la forma del classico cuore bilobato che si impara a disegnare già in tenera età. Autore di questo involontario (?) scherzo fu lo Zoologo britannico J. Lambert che nel 1905, 10 anni dopo la morte di Lovén, decise di dedicargli una famiglia di Echinodermi Echinoidei, ribattezzandola Loveniidae.
Una famiglia come tante, d’altronde al medesimo Zoologo sono stati dedicati molteplici taxa, come la famiglia Lovenellidae e il genere Lovenella (Cnidari Idrozoi), ed effettivamente lui stesso è stato particolarmente interessato al phylum Echinodermata.
Ma i Loveniidae hanno qualcosa di diverso: la stragrande maggioranza delle specie descritte in questa famiglia presenta un’aggraziata forma… a cuore! Si tratta infatti di invertebrati appartenente alla superfamiglia Spatangoidea, costituita da ricci irregolari, quindi privi della tipica simmetria raggiata. Quale diretta conseguenza, questi Echinoidei sono comunemente conosciuti come “Ricci cuore”! Il “Love” contenuto nel nome del taxon sembra improvvisamente mutare la sua accezione iniziale, apparendo riferibile più al suo reale significato, cioè “Amore”, che al cognome dello studioso svedese.
Casualità? Volontario gioco di parole del buon Lambert? Infallibile destino? Chissà…

Il cordiforme aspetto del dermascheletro di Echinocardium cordatum (Ph. Andrea Bonifazi)

In questa famiglia vengono così fatte confluire anche specie che già dovevano il nome alla loro romantica morfologia: emblematico in tal senso è il riccio Echinocardium cordatum, descritto da Pennant nel 1777 (oltre 30 anni prima che nascesse Lovén). Piccolo, delicato, candido e dagli aculei sottili e molto mobili, è tipico di substrato sabbioso infralitorale e non è raro neppure lungo le nostre coste, sebbene poco visibile perché costantemente infossato.
Ma soprattutto dalla forma a cuore: il significato etimologico di Echinocardium cordatum è infatti “Riccio cuore a forma di cuore”. Romanticismo elevato, ma fantasia davvero scarsa…

Esemplare spiaggiato, ma integro di Echinocardium cordatum (Ph. Phil Champion)

Non meno significativa è la specie Lovenia cordiformis, diffusa nell’Oceano Pacifico settentrionale: in questo caso il genere ha come padre putativo proprio Lovén, mentre l’epiteto specifico anche in questa circostanza significa “dalla forma a cuore”.
Battezzare una nuova specie con un nome che faccia riferimento alla sua forma è tuttavia pratica molto diffusa, ma non sempre ha questo roseo alone romantico, talvolta può assumere contorni davvero calienti: come non citare il Fungo Phallus impudicus, il Tunicato Ascidia mentula o la pianta Clitoria virginiana? Le “morfologiche motivazioni” che hanno portato gli autori a descrivere queste (e molte altre) specie sono quasi lapalissiane, quindi sorvoliamo.

Cuori non solo attuali: ecco un bellissimo dermascheletro fossilizzato di Lovenia forbesi (Ph. Stickpen)

Sebbene sia oggettivamente poco scientifico parlare di fato, a partire dagli anni ‘80 numerosi studi hanno dimostrato come il cosiddetto “name-letter effect”, processo inconscio secondo cui le iniziali del proprio nome sembra possano influenzare comportamenti e scelte di vita.
Che sia anche il romantico caso di Lovén?

Andrea Bonifazi

Bibliografia

Haase E. (1887). Bericht Über die Leistungen in der Naturgeschichte der Echinodermen in den Jahren 1884—1885. 60 pp.

Lambert, J. (1905). Notes sur quelques Échinides éocéniques de l’Aude et de l’Hérault. Catalogue descriptif des fossiles nummulitiques de l’Aude et de l’Hérault. Annales de l’Université de Lyon, Nouvelle Série, I. Sciences, Médecine, 17, 129-164.

Laurin, B., David, B., Féral, J. P., & Derelle, E. (1994). Polytypism in the spatangoid sea urchin Echinocardium: A morphological vs molecular approach. Echinoderms Through Time, 739-745.

Lovén, S. L. (1874). Etudes sur les Echinoidees (Vol. 11). PA Norstedt & Soner.
Moss, S. (2016). Name letter effect. http://www.sicotests.com/psyarticle.asp?id=99

Mortensen, T. H. (1951). A Monograph of the echinoidea| V. 2: spatanogoida. II.: amphisternata. II., spatangidae, loveniidae, pericosmidae, schizasteridae, brissidae| atlas. CA Reitzel.

Muñoz, C. G., & Londoño-Cruz, E. (2016). First record of the irregular sea urchin Lovenia cordiformis (Echinodermata: Spatangoida: Loveniidae) in Colombia. Marine Biodiversity Records, 9(1), 67.

Nuttin, J. M. (1985). Narcissism beyond Gestalt and awareness: The name letter effect. European Journal of Social Psychology, 15(3), 353-361.

Nuttin, J. M. (1987). Affective consequences of mere ownership: The name letter effect in twelve European languages. European Journal of Social Psychology, 17(4), 381-402.