Pesce arciere: svelato lo stratagemma del getto d’acqua

Scritto da:
Redazione
Durata:
1 minuto

Sembra quasi un racconto fiabesco, dove una creatura– a proprio piacimento – incrementa la potenza muscolare. Tuttavia è quanto emerge da un nuovo studio a cura dell’Università degli Studi di Milano dove è stata individuata una particolarità, molto specifica, in un piccolo vertebrato.

Si tratta del pesce arciere tipico delle acque salmastre degli  estuari di innumerevoli fiumi dell’Asia e dell’Australia. Con una dimensione variabile tra i 15 ed i 40 centimetri il pesce arciere è dotato di una particolarissima tecnica di caccia: individuato un insetto tra la vegetazione tipica delle zone acquitrinose, quest’ultimo, lancia un precisissimo e potente getto d’acqua in grado di far cadere la vittima all’interno dell’acqua dove, al primo contatto, finirà prontamente divorata.

La sequenza di riprese ad alta velocità ha messo in evidenza come l’impatto generato dal getto d’acqua sia notevolmente più potente rispetto dalla forza fisica consentita dall’intervento muscolare diretto del pesce.

L’argomento del pesce arciere non è nuovo. Sono infatti quasi 250 anni che si parla dell’efficacia del suo getto in proporzione alla forza di cui è dotato. Precedenti studi hanno tentato di individuare strutture anatomiche interne dedicate, appunto, all’aumento della potenza muscolare. L’idea generale cercava di esplicare cosa o che permettesse al pesce di sovrastare i normali livelli di potenza e forza fisica, tuttavia né risposte, ne strutture furono mai trovate.

Ora, secondo lo studio condotto dall’Università degli Studi di Milano e  pubblicato su Plos One è stato dimostrato come, effettivamente, sia presente un meccanismo di amplificazione ma, diversamente da quanto si può arrivare a credere o intuire, questo si trova al di fuori del pesce. Il che mette in evidenza come non sia in alcun modo presente una struttura interna che permetta di immagazzinare energia meccanica.

Lo stratagemma risiede nell’instabilità idrodinamica del getto d’acqua che favorisce l’accumulazione consequenziale e progressiva di moto all’estremità del getto. In tal modo la potenza del getto e la forza rilasciata sono nettamente superiori rispetto a quelle condizionate dall’azione muscolare diretta. In poche parole, il pesce arciere, sfrutta a suo favore le leggi della fluidodinamica mediante le quali ottiene un proiettile liquido la cui dimensione e potenza cresce durante il tragitto verso la preda.

Il pesce arciere rappresenta quindi un notevole esempio di animale che sfrutta a suo favore uno strumento altamente sofisticato: una leva idrodinamica, utilizzata per ampliare la sua potenza muscolare proprio come fa un arciere con il suo arco.

E’ quindi giusto ed azzeccato il nome della specie (Toxotes, dal greco per arciere) originato inizialmente per la sua abilità di lanciare dardi d’acqua che, come sottolineato appare «lungimirante e più che meritata».

Lo studio si è svolto nell’Università degli Studi di Milano ed è stato condotto da Alberto Vailati, del dipartimento di fisica, insieme a Roberto Cerbino del dipartimento di Biotecnologie mediche e Medicina Traslazionale.

24 ottobre 2012