Uomo e cambiamenti climatici: una storia antica

Scritto da:
Marco Affronte
Durata:
1 minuto
Zaire, Congo

Difficile credere che ci sia ancora qualcuno che non ritiene l’uomo responsabile di importanti cambiamenti climatici. E comunque, l’oggetto della discussione sono i grandi e soprattutto veloci cambiamenti che derivano dall’aumento dell’effetto serra, causato a sua volta dall’immissione in atmosfera di (principalmente) anidride carbonica, prodotta dalla combustione degli idrocarburi. Insomma, dall’avvento dell’era industriale, in poi.
Ma sappiamo che le concentrazioni di CO2 in atmosfera possono essere variate anche in altri modi, ad esempio eliminando i “consumatori” di questo gas, prime fra tutte le piante. Ricordiamo che la deforestazione è la seconda grande fonte di gas serra, di cui è responsabile l’uomo. Ecco che allora è possibile pensare a profonde modificazioni dell’ambiente, e conseguenti cambiamenti climatici, anche in un contesto molto più antico dell’avvento delle industrie.

Ed è proprio quello che alcuni ricercatori, in un articolo sulla rivista Science, raccontano. In questo caso non si sta parlando di una rivoluzione industriale, ma invece di quella agricola, e non certo in tempi recenti, ma circa 3.500 anni fa. I ricercatori dell’Unità di Ricerca di geoscienze marine dell’IFREMER (istituto di ricerca francese per la valorizzazione del mare) hanno studiato i sedimenti del fiume Congo, il più profondo del mondo.

Il Congo attraversa la seconda più grande foresta pluviale del mondo, ma anche vaste aree di savana. Questa savana, si è sempre pensato, si è formata a causa di un cambiamento del clima, da caldo e umido, a uno più secco e relativamente freddo. Ma nei vecchissimi sedimenti del grande fiume, c’è scritta anche un’altra storia. Gli strati di circa 3.500 anni fa sono infatti stranamente ricchi di fango. Niente lascia pensare a un periodo di piogge particolarmente intense, dunque questo sedimento fangoso può essere il risultato di un maggiore dilavamento del terreno, come avviene in caso di aree spogliate degli alberi.

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Zaire, Repubblica Democratica del Congo

E l’ipotesi è proprio questa. In quel periodo si insediarono nell’area diversi gruppi di popolazioni Bantu. Questi erano essenzialmente agricoltori, e coltivavano principalmente palme da olio, miglio africano e patate dolci, tutte colture che necessitano di molto sole. Da qui il conseguente disboscamento. Gli alberi tagliati servivano poi per alimentare il fuoco o farne carbone.

E’ possibile che un cambiamento verso un clima più secco fosse comunque già avvenuto e che dunque la deforestazione si andò ad aggiungere al clima mutato, per trasformare un’area, prima boschiva, in savana. Ma a questo punto, la diminuzione delle foreste spinse ancora di più verso un clima più secco, in una sorta di circolo vizioso.
Gli studiosi dunque affermano che l’impatto sull’ambiente delle foreste pluviali del centro Africa, a causa delle popolazioni umane, era già significativo a quell’epoca.

Non deve “scandalizzare” che l’uomo abbia modificato profondamente l’ambiente già qualche millennio prima dell’era industriale. Tutte le specie animali portano, seppure a diversi livelli, modifiche dell’ambiente in cui vivono: consumo del territorio, utilizzo delle risorse, predazione, e si potrebbe andare avanti ancora. Ma le stesse capacità (intelligenza, inventiva, trasmissione delle conoscenze acquisite) che rendono l’uomo così abile a occupare e dunque incidere su nuovi ambienti, dovrebbero anche renderlo in grado di farlo in maniera sostenibile, soprattutto oggi, che alle conoscenze necessarie si affianca un notevole sviluppo tecnologico.

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