Non solo animali

Scritto da:
Paola Pinto
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1 minuto

non-solo-animaliMartedì 22 gennaio, l’On M.V. Brambilla è stata insignita del premio “Un bosco per Kyoto 2013 ”, per il suo impegno nel difendere la vita e la dignità degli animali.

Mi è subito venuto da pensare che più persone dovrebbero, come lei, dedicare il proprio tempo a difendere queste fragili creature. Ma, altrettanto velocemente,  ho pensato che ne esistono poche e ancor meno sono coloro che mostrano interesse verso il tanto importante e spinoso tema dei maltrattamenti agli animali.

Questi sono tempi difficili, e forse si è troppo presi a risolvere le proprie problematiche per soffermarsi a pensare alle altre piaghe che affliggono la nostra società. Ma anche per gli animali sono tempi duri, non economicamente né politicamente, ma comunque, per loro, la sopravvivenza è un percorso ad ostacoli, talvolta insormontabili. Dovremmo guardare più in là di noi stessi, non dovremmo restare sordi ed indifferenti di fronte alle indicibili pene che infliggiamo agli animali.

Pensate che stia esagerando? Vi dimostrerò che non è così! Per farlo mi basterebbe ricordarvi la sorte degli animali “utilizzati” per la ricerca scientifica, o di quelli da cui si ricavano pellicce; potrei menzionare le aberranti condizioni in cui sono tenuti gli animali negli allevamenti intensivi. Purtroppo gli esempi da fare sono tanti, ma di alcuni se ne parla poco, rivolgendogli solo uno sguardo distratto. A questi, vorrei dedicare la mia attenzione, perché non si dimentichino i maltrattamenti subiti da altri animali, giudicati  “pericolosi”, ma che ai miei occhi appaiono indifesi e disarmati. Cosa può mai fare per difendersi un orso detenuto in una fabbrica della bile? Nulla! Proprio nulla, perché sarebbe davvero arduo ribellarsi rinchiuso com’è in una gabbia piccolissima, dove qualsiasi movimento gli è impedito. Come potrebbe difendersi, dilaniato dal dolore provocato da un catetere permanentemente impiantato nella cistifellea, da cui, due volte al giorno, viene estratta la bile.  Bile considerata in alcuni paesi asiatici, precisamente Cina, Corea e Vietnam, un ingrediente indispensabile per la preparazione di medicinali, prodotti cosmetici e alcune bevande tradizionali. Ma a chi importa che la bile è inutile, che esistono più di cinquanta sostanze alternative, sintetiche ed erboristiche, che possono sostituirne l’uso e che sono sicuramente più facilmente reperibili, più economiche, più etiche! Importa a pochissime persone, e a pochissime persone importa che ogni anno centinaia e centinaia di squali di varie specie vengono uccisi per una zuppa. Proprio così, per una zuppa! Anche in questo caso, pare che le pinne dello squalo siano necessarie per preparare una prelibata zuppa. Conferiscono sapore e gusto a questo piatto? Assolutamente no! Ma servono solo perché, dato l’elevato contenuto in  fibre di collagene, dona a questa ricercatezza culinaria la giusta consistenza. Mi sembra un valido motivo per far continuare questo sterminio, questa strage silenziosa che si consuma nei mari asiatici. A questa barbarie è stato dato un nome: finning. Letteralmente vuol dire spinnamento, praticamente agli squali catturati vengono asportate, da vivi, le pinne pettorali, dorsali e il lobo inferiore della pinna caudale. Il resto del corpo, mutilato, viene rigettato in mare e l’animale va incontro ad un tragico destino: impossibilitato a nuotare, affonderà nel profondo del mare morendo lentamente o sarà divorato da altri predatori. Dopotutto, però, sono solo animali. E’ vero lo sono, ma non per questo i nostri atti nei loro confronti sono meno efferati, meno brutali, più sopportabili. Sono animali che come qualsiasi altro essere vivente merita rispetto e la garanzia di una vita degna. Sono animali che, come noi, fanno parte di qualcosa di più grande, la Natura, e noi non siamo superiori a tal punto da poter interferire continuamente e drammaticamente nelle loro vite.  Impariamo a rispettarli, a rispettare la diversità, in qualsiasi forma essa si presenti a noi. Impariamo a proteggere chi è più debole, chi non ha mezzi, né forze, né voce per farlo da solo. Impariamo ad usare con coscienza e responsabilità gli strumenti e le conoscenze, derivati dal nostro  progresso culturale e scientifico. Impariamo a non confondere l’evoluzione con la supremazia. Impariamo ad essere compassionevoli, ricordando che la crudeltà non ammette giustificazioni. E se davvero vogliamo definirci una “società civile”, è forse ora di  fermarsi a riflettere su queste parole :  “La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali”. (Gandhi)

Paola Pinto
30 gennaio 2013