Le piante possono moderare il riscaldamento climatico

Scritto da:
Leonardo Debbia
Durata:
1 minuto
Quando la temperatura diventa più calda, le piante rilasciano gas che aiutano alla formazione di nuvole e a raffreddare l’atmosfera (fonte: Inga Nielsen/Fotolia – Sciencedaily)
Quando la temperatura diventa più calda, le piante rilasciano gas che aiutano alla formazione di nuvole e a raffreddare l’atmosfera (fonte: Inga Nielsen/Fotolia – Sciencedaily).

In presenza di temperature calde, le piante rilasciano gas che contribuiscono alla formazione di nuvole, causando un raffreddamento dell’atmosfera. Questo processo e i fenomeni ad esso connessi sono stati oggetto di un attento esame dell’Università di Helsinki, un progetto portato avanti in accordo con lo IIASA (International Institute of Applied System Analysis), l’organizzazione internazionale di ricerca interdisciplinare in materia di riscaldamento globale che ha sede a Vienna.

Il nuovo studio, pubblicato su Nature Geoscience, ha identificato un anello di “feedback negativo” in cui le temperature più elevate portano ad un aumento delle concentrazioni di aerosol naturali che hanno un effetto raffreddante sul clima.

Ci pare opportuno ricordare le definizioni di “feedback” e di “aerosol”.

In Fisica si definisce feedback o retroazione di un sistema la capacità del sistema di utilizzare i risultati per modificare se stesso.

La retroazione può essere positiva o negativa. Nel primo caso, i risultati portano il sistema ad ottenere miglioramenti del suo funzionamento e quindi ad amplificare e rendere più efficace la sua azione. Nel secondo caso, i risultati smorzano il funzionamento del sistema, dapprima rallentandolo e successivamente stabilizzandolo.

Un esempio di “retroazione positiva” è la fusione dei ghiacci polari. Il colore bianco del ghiaccio riflette i raggi solari, che aumentano la temperatura e sciolgono il ghiaccio. Questo andamento comporta l’assorbimento da parte della copertura ghiacciata di una maggior quantità di radiazione che provoca, a sua volta, un riscaldamento della temperatura globale e fonde quindi altro ghiaccio.

Progredendo nel tempo, questo processo porta alla fusione completa del ghiaccio.

Un esempio di “retroazione negativa” è invece la presenza di vapore acqueo nell’atmosfera, proprio il fenomeno oggetto della ricerca.

Con l’aumento della temperatura atmosferica, si forma una maggior quantità di vapore acqueo che si traduce in una maggiore nuvolosità. Questo comporta una schermatura dei raggi solari, quindi un calo della temperatura e una minore emissione di vapore acqueo nell’atmosfera.

Se non intervengono altri fattori, ripetendosi il ciclo, la quantità di vapore acqueo atmosferico  tende a stabilizzarsi.

Riguardo l’aerosol, questo altro non è se non un concentrato di particelle liquide e solide disperse in un gas. Rifacendosi agli esempi precedenti, la nebbia e le nuvole sono “aerosol naturali”.

Tornando allo studio dell’Università di Helsinki, lo IIASA ed il ricercatore Pauli Paasonen, che ha diretto la ricerca, concordano nell’affermare che “le piante, reagendo ai cambiamenti di temperatura, tendono a moderarne l’evoluzione ed avrebbero quindi un effetto stabilizzante sul clima”, secondo il citato fenomeno della “retroazione negativa”.

Gli scienziati sapevano già che alcuni aerosol raffreddano il clima, dal momento che riflettono la luce del sole dando origine alle nuvole che, a loro volta, prendono parte attiva alla riflessione della luce solare. Le fonti di queste particelle di aerosol sono molteplici e tra queste primeggiano le emissioni umane. Ma l’effetto del cosiddetto “aerosol biogenico” – il particolato che proviene dalle piante – non era stato ancora compreso a sufficienza.

Le piante – si è osservato – rilasciano gas che, dopo l’ossidazione atmosferica, tendono ad unirsi alle particelle di aerosol, accrescendo quelle di maggiori dimensioni che riflettono efficacemente la luce del sole e che sono anche alla base della formazione delle nuvole.

Piante e nuvole (fonte:IIASA)
Piante e nuvole (fonte:IIASA)

Il nuovo studio ha dimostrato che le piante, situate in ambienti a temperatura calda, rilasciano una maggior quantità di questi gas, andando ad aumentare la concentrazione delle particelle che hanno parte attiva nella formazione delle nuvole.

“Tutti conoscono il profumo del bosco”, commenta Ari Asmi, ricercatore dell’Università di Helsinki, che ha preso parte allo studio. “Questo profumo è dovuto proprio a questi gas”.

Sebbene una ricerca precedente avesse previsto l’effetto di feedback, finora nessuno era stato in grado di valutare con precisione la sua azione, ad eccezione di casi limitati a piccoli siti isolati e per brevi periodi di tempo.

La nuova ricerca ha mostrato che l’effetto si verifica sul lungo termine e su scala continentale,

suggerendo che l’effetto delle emissioni di gas da parte delle piante che possano realmente influire sul clima è di scarsa consistenza se considerato su scala globale, dal momento che esso può contrastare appena l’1 per cento circa del riscaldamento climatico.

“Questo processo non ci salva certo dal riscaldamento del clima”, ammonisce Paasonen. “Tuttavia – egli afferma – “gli effetti dell’aerosol sul clima sono una delle principali incertezze nei modelli climatici. Comprendere questo meccanismo potrebbe aiutarci a ridurre queste incertezze e rendere migliori i modelli”.

Lo studio ha mostrato inoltre come l’effetto fosse molto più incisivo su scala regionale, in quanto è riuscito a contrastare anche fino al 30 per cento del riscaldamento in zone rurali e boschive, laddove le emissioni antropiche di aerosol sono molto più basse delle emissioni di aerosol naturali.

Questo significa che soprattutto in luoghi come la Finlandia, la Siberia e il Canada il ciclo di feedback può ridurre sensibilmente il riscaldamento.

I ricercatori hanno raccolto dati in 11 siti diversi in tutto il mondo, misurando la concentrazione di particelle di aerosol nell’atmosfera, le concentrazioni di gas vegetali, le temperature dell’aria e tornando a stimare ex-novo l’altezza dello strato-limite, un parametro che è risultato essere una variabile-chiave.

Lo strato limite si riferisce allo strato d’aria vicino alla Terra in cui gas e particelle si mescolano originando l’aerosol. E’ stato osservato che l’altezza di questo strato cambia con il tempo.

Paasonen conclude: ”Uno dei motivi per cui questo fenomeno non era stato scoperto prima d’ora consisteva nel fatto che queste stime sull’altezza dello strato limite sono molto difficili da eseguire. Solo di recente l’analisi di queste stime è stata perfezionata, per cui i dati ottenuti possono essere considerati come reali”.

Leonardo Debbia
16 maggio 2013