Gigantesche eruzioni vulcaniche ed estinzioni di massa globali

Scritto da:
Leonardo Debbia
Durata:
1 minuto

Un articolo pubblicato su Nature Communications dai ricercatori del Virginia Tech conferma una importante caratteristica del processo di formazione delle grandi ‘province ignee’, vale a dire di quelle vaste aree, frutto di estese eruzioni vulcaniche che, mediante l’effusione di imponenti volumi di lava, interessarono tutta la Terra tra i 170 e i 90 milioni di anni fa, innescando catastrofi ambientali ed estinzioni di massa di faune e flore.

Rappresentazione delle grandi province ignee del Pacifico considerate dallo studio del Virginia Tech. Le sezioni colorate in rosso sono state visitate da Esteban Gazel. All’interno della linea gialla è compresa l’intera provincia del Pacifico meridionale, larga quasi 2000 miglia. (credit: Virginia Tech)
Rappresentazione delle grandi province ignee del Pacifico considerate dallo studio del Virginia Tech. Le sezioni colorate in rosso sono state visitate da Esteban Gazel. All’interno della linea gialla è compresa l’intera provincia del Pacifico meridionale, larga quasi 2000 miglia. (credit: Virginia Tech)

Hanno condotto la nuova ricerca Esteban Gazel, docente di Geologia presso il Dipartimento di Geoscienze, College of Science, presso il Virginia Tech e Pilar Madrigal, docente di Geochimica presso l’Università di Costa Rica.

“Abbiamo elaborato una ipotesi secondo la quale eruzioni così estese trovano il loro innesco nella risalita di correnti calde provenienti dal mantello profondo, il cui sbocco in superficie viene agevolato in presenza di una struttura particolare – quale potrebbe essere una dorsale medio-oceanica – perché avvengano effusioni di enormi quantità di magma”, dichiara la Madrigal.

“Il nostro studio suggerisce anche che queste correnti di risalita di materiale caldo dalle profondità del mantello si formino in intervalli di tempo variabili dai 10 ai 20 milioni di anni”, aggiunge la studiosa. “Questa ciclicità è un dato interessante che consente di ipotizzare possibili instabilità nel mantello profondo che si manifesterebbero di tanto in tanto, di cui sappiamo ancora poco ma che potrebbero essere spiegate con interazioni nucleo-mantello”.

Questa ipotesi non è stata formulata astrattamente, ma di fatto era già stata prevista in modelli numerici e dinamici, fino a quando Gazel e Madrigal hanno potuto valutare – indipendentemente l’uno dall’altra – le prove geodinamiche insieme ai modelli geochimici e petrologici prodotti, per individuare valide correlazioni che confermassero questa interazione come la chiave per la formazione delle grandi province ignee.

Ma cosa si intende esattamente per province ignee?

Si tratta di enormi distese superficiali di rocce magmatiche, originate da una copiosa espansione sulla superficie terrestre di materiali vulcanici intrusivi ed effusivi di provenienza profonda; qualcosa di molto più vasto di una qualsiasi eruzione.

Province ignee se ne trovano ovunque, nel mondo, in bacini oceanici che confinano con la Siberia, l’Africa, l’India e le coste orientali del Nord e Sud America.

Questa ricerca è stata concentrata tutta sulle province ignee dell’Oceano Pacifico.

Gazel e Madrigal hanno esaminato la composizione geochimica e la tempistica di formazione delle province ignee nella placca del Pacifico, risultate da magmi risaliti ed espulsi da processi tettonici durante il Mesozoico, in un arco di tempo compreso tra 170 e 90 milioni di anni fa.

Naturalmente, sono stati raccolti anche campioni di formazioni sottomarine dell’epoca.

In collaborazione con Kennet Flores, geologo del Brooklin College di New York, il team ha prodotto una serie di modelli per calcolare la rappresentazione paleotettonica del Pacifico durante il periodo Cretaceo. In sostanza, per una ricostruzione virtuale del pavimento oceanico di 170 milioni danni fa.

Lo studio ha incluso i dati isotopici e quelli per la datazione, raccolti in collaborazione con i ricercatori Michael Bizimis e Brian Jicah, rispettivamente dell’Università del South Carolina e del Laboratorio di spettrometria di massa (WiscAr Geochronology Laboratori) presso l’Università del Wisconsin-Madison.

I risultati dello studio confermano l’esistenza di una relazione tra l’effusione dei magmi di queste province ignee e la posizione delle paleodorsali medio-oceaniche.

Più specificamente, c’è un rapporto tra la zona dove la normale crosta oceanica viene formata da un flusso regolare di materiale igneo e i bordi della Pacific Large Low-Shear Velocity Province, quella anomalia termochimica di circa 1860 miglia di larghezza, posta tra l’Australia orientale e la costa occidentale del Sud America e collocata molto in profondità nella Terra, al limite nucleo-mantello.

Per inciso, ma senza addentrarci troppo, chiariamo che questa anomalia, corrispondente alla ‘Grande Provincia del Pacifico’, è stata scoperta grazie alla sismologia (da cui il riferimento alla bassa velocità delle onde sismiche che la attraversano o Low-Shear Velocity), ed è correlata con estese porzioni del mantello profondo.

Secondo una recente teoria si tratterebbe di enormi frammenti di crosta oceanica subdotti nelle profondità del mantello in epoche molto remote, che interferirebbero fisicamente e chimicamente sulla composizione del mantello profondo.

Questo nuovo studio di Gazel e Madrigal ipotizza l’esistenza di interazioni tra la risalita dalle profondità calde del mantello e le dorsali medio-oceaniche nel concorrere alla formazione delle grandi province ignee.

“La maggior parte di queste province ignee si formarono contemporaneamente durante un evento conosciuto come ‘Cretaceous Normal Superchron’, circa 120-80 milioni di anni fa, quando per milioni di anni il nucleo terrestre non cambiò la sua polarità, che invece venne cambiata probabilmente a causa di scambi di calore tra nucleo e mantello”, spiega Gazel.

Secondo lo studioso, nel corso del tempo si sono verificati molti altri eventi di estinzioni collegate a processi vulcanici di queste dimensioni, come ad esempio quello avvenuto 300 milioni di anni fa, che spazzò via quasi ogni forma di vita sulla Terra, dopo la formazione delle Siberian Traps o Trappole Siberiane, un’altra vasta provincia ignea.

“La comprensione di questi processi non è importante solo per decodificare i grandi enigmi della Terra, ma anche per considerare meglio quanto sia fragile la vita sul nostro pianeta”.

Leonardo Debbia