L’acidificazione degli oceani influenza il comportamento dei pesci

Scritto da:
Stefano Erbaggio
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Gli effetti negativi sugli organismi marini provocati dagli elevati livelli di anidride carbonica negli oceani sono costantemente monitorati e indagati. Due studi, condotti da Paolo Domenici dell’Istituto per l’ambiente marino e costiero del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Oristano (Iamc-Cnr) con i ricercatori della James Cook University e dell’ Università di Oslo, sono stati pubblicati su Biology Letters e su Nature – Climate Change lo, spazio interamente dedicato ai cambiamenti climatici all’interno della famosa rivista scientifica. I risultati delle ricerche fanno temere per il futuro delle specie ittiche presenti nei nostri oceani, le cui capacità di spostamento e di allontanamento dai predatori soffriranno molte disfunzioni a causa del costante aumento di CO2 .

“Il primo studio, effettuato nella barriera corallina australiana e pubblicato su Biology Letters, dimostra, con i livelli di CO2 previsti nel 2100, la perdita della lateralizzazione, ovvero della preferenza per il lato destro o sinistro durante gli spostamenti quando si trovano davanti a un ostacolo”, spiega Domenici. “Un altro, appena pubblicato su Nature Climate Change, rileva che i pesci invertono la capacità di allontanarsi dall’odore di un predatore, con ovvie e pericolose conseguenze per la loro sopravvivenza”. Già nel 2008, alcuni studiosi della Stazione Zoologia Anthon Dorhn di Napoli, in collaborazione con ricercatori francesi, inglesi e israeliani, illustrarono su Nature i risultati di una ricerca condotta sui fondali dell’isola di Ischia, nel Golfo di Napoli, sugli effetti dell’acidificazione degli oceani. Questo fenomeno è dovuto alle reazioni tra biossido di carbonio e acqua che causano rilevanti variazioni nelle concentrazioni di bicarbonato e acido carbonico. Tra le conseguenze di tale fenomeno vi sono la graduale scomparsa delle alghe calcaree lungo il gradiente di Ph, una generale perdita di biodiversità, e una variazione nel comportamento dei pesci.

“Ora abbiamo scoperto che queste disfunzioni comportamentali, di cui non si conosceva il meccanismo, sono dovute al malfunzionamento del GABA-A, un recettore del sistema nervoso centrale con fondamentali effetti su diversi tipi di neuroni che dipende dalle quantità relative di ioni quali cloro e bicarbonato, a loro volta alterate dall’esposizione a livelli elevati di CO2”, prosegue il ricercatore Iamc-Cnr.

I ricercatori hanno dimostrato tale meccanismo mediante un esperimento: “Dopo essere stati sottoposti alla alta concentrazione di anidride carbonica, i pesci venivano esposti alla gabazina, una sostanza che blocca il recettore GABA-A: dopo trenta minuti di trattamento tornavano a sfuggire ai predatori e riguadagnavano la loro preferenza laterale”, conclude Domenici. “Poiché tale recettore è quasi universalmente presente nel sistema nervoso centrale degli organismi è perciò possibile che l’incremento negli oceani della CO2, aumentata del 40% negli ultimi due secoli e stimata per la fine del secolo tra 700-900 parti per milione contro le attuali 380 ppm, abbia enormi conseguenze sul comportamento e la sopravvivenza di numerose specie marine”.

Stefano Erbaggio