Animali marini per un’auto ecologica. Ne vale la pena?

Scritto da:
Leonardo Debbia
Durata:
1 minuto

Secondo una recente ricerca di cinque studiosi dell’Università di Bergen, Norvegia, alcuni tunicati potrebbero essere utilizzati sia per produrre biocarburante sia come cibo per pesci.

Ma cosa sono i tunicati e quale specie fra questi sono state oggetto di studio?

I Tunicati o “urocordati” sono un subphylum dei Cordati, che comprende tre classi e circa 3000 specie. I Cordati, a loro volta, sono un phylum eterogeneo di animali a simmetria bilaterale che hanno come tratto distintivo comune la presenza di una “corda dorsale” o “notocorda”, formata da un cordone di cellule che costituisce l’asse del corpo. Le somiglianze organizzative di questo gruppo ne giustificano la suddivisione in tre sottogruppi o subphyla: i Tunicati, gli Acranii e i Vertebrati.

Senza entrare nel merito delle diversità tra i vari individui, le classi e le tante specie dei Cordati, dal momento però che gli esseri umani appartengono al subphylum dei Vertebrati, potremmo dire che esiste una lontana “parentela” tra noi e tutti questi altri organismi o quanto meno una comune origine.

Tornando allo studio del team norvegese, il termine “Tunicati” deriva dal rivestimento cuticolare del corpo di questi organismi, che ha un notevole sviluppo e assomiglia, appunto, ad una tunica.

Le ascidie sono una delle tre classi in cui si suddividono i tunicati, quella, per l’appunto, presa in esame.

Si tratta di organismi bentonici sessili di forma pseudocilindrica alquanto semplice, dal momento che sono costituiti da un’unica sacca provvista di due sifoni, uno boccale e l’altro cloacale, attraverso i quali l’acqua entra, viene filtrata dal cestello branchiale ed esce dall’animale dal sifone cloacale o esalante. Sono, in sostanza, animali “filtratori”, che si nutrono dei microrganismi aspirati attraverso il sifone inalante e quindi digeriti e assimilati durante il percorso all’interno del corpo dell’animale.

Questa è la descrizione generica delle specie solitarie (di maggiori dimensioni, di 10-20 cm).

   A sinistra.: Schematizzazione di una larva di ascidia; a destra: Ascidia semplice (specie solitaria)
A sinistra.: Schematizzazione di una larva di ascidia; a destra: Ascidia semplice (specie solitaria)

Esistono però anche specie coloniali, di dimensioni minori, che si dividono, a loro volta, in sociali e composte.

Nelle ascidie sociali la colonia è formata da individui uniti da uno stolone basale, ma in tutto e per tutto simili a piccole ascidie.

Nelle ascidie composte gli individui sono fusi assieme ed hanno un unico sifone esalante.

E’ stato osservato che tutte le specie possono filtrare quotidianamente decine di litri d’acqua.

Le ascidie vivono sia su fondali sabbiosi che rocciosi, purchè aderiscano comunque ad altri oggetti immersi nel fango.

A sinistra: Clavelina robusta (Ascidia sociale). A destra Atriolum robustum  (Ascidia composta)
A sinistra: Clavelina robusta (Ascidia sociale). A destra Atriolum robustum (Ascidia composta)

Prediligono le acque litoranee, pur vivendo anche a maggiore profondità.

Le ascidie quindi, secondo i ricercatori norvegesi, troverebbero una utilizzazione sia come carburante ecologico che come cibo per pesci.

La prima possibilità ha quindi una finalità ambientale non indifferente, trattandosi della possibilità di riduzione delle emissioni inquinanti del traffico. La seconda è una buona notizia particolarmente per il settore dell’acquacoltura, che è sì in crescita ma che per anni ha faticato a trovare una sufficiente alimentazione qualitativa per la fauna ittica.

Cibo e carburante futuro? I tunicati sono animali marini filtratori che pesano tra i 50 e i 70 grammi e si trovano in tutti gli oceani
Cibo e carburante futuro? I tunicati sono animali marini filtratori che pesano tra i 50 e i 70 grammi e si trovano in tutti gli oceani

Utilizzabile come combustibile
Le possibilità di questa duplice utilizzazione derivano dalla cellulosa, dalle proteine e dagli acidi grassi Omega-3 presenti nelle ascidie.

“Il loro mantello o “tunica” è costituito, infatti, principalmente da cellulosa, che è una miniera di zuccheri. Quando la cellulosa viene scissa si può ottenere etanolo. E l’etanolo può essere utilizzato come biocarburante per le auto. Il corpo dell’animale ha anche grandi quantità di proteine e di omega-3 e questi possono essere utilizzati per alimentare i pesci”, afferma il professor Eric Thompson, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bergen.

Thompson e i suoi colleghi hanno trascorso molti anni per investigare sugli usi possibili delle ascidie e, a quanto pare, ci sono riusciti.

In tutta franchezza, pensando da naturalista, mi permetto di avanzare qualche dubbio sull’uso delle ascidie come carburante, per quanto ecologico esso sia. Viaggiare su un’auto che si muove grazie allo scempio di un tratto di costa e alla depredazione della sua bellissima fauna naturale mi inquieta non poco.

Ovviamente sono scrupoli che non hanno di certo turbato i cinque scienziati norvegesi.

Mi sia comunque consentito di esprimere, in tutta sincerità, il mio dissenso da questa soluzione.

Leonardo Debbia
6 aprile 2014