Zero plastica, più latte

Scritto da:
Elisa Scaringi
Durata:
1 minuto

Plastica da imballaggio addio. In arrivo, entro tre anni, la pellicola ottenuta dalle proteine del latte (soprattutto caseina). Prodotto di ultimissima generazione, permetterà di eliminare tonnellate di rifiuti non biodegradabili, oltre a consentire una riduzione dell’ossigeno a contatto con i cibi di ben 500 volte rispetto agli attuali imballaggi.

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La notizia “green” arriva dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Una prima linea di produzione partirà da una piccola azienda del Texas, ma molti si dicono già interessati a un imballaggio dalle doti altamente ecologiche: biodegradabile, commestibile e molto più efficace nella conservazione dei cibi rispetto alle pellicole “bio” finora ottenute dall’amido delle patate.

Quindi, per il futuro sarà possibile un consumo alimentare a impatto “zero”. Tutto potrà essere recuperato, e addirittura mangiato: attualmente non gradevole al sapore, con l’aggiunta di aromi, vitamine, probiotici e nutraceutici, la nuova pellicola derivata dal latte sarà commestibile, e potrà essere anche spruzzata sotto forma di spray per conservare cibi come i cereali in fiocchi o in barrette, così maggiormente impermeabili una volta immersi nel latte.

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Addio dunque alla spazzatura non biodegradabile. Secondo uno studio condotto in Europa da The European House Ambrosetti, nel solo 2011, sono stati generati 25 milioni di tonnellate di rifiuti in plastica, di cui solo il 60% recuperato dalla filiera del riciclo. Una quota considerevole del totale, ben il 63%, è rappresentata dagli imballaggi. E nonostante dal 1998 la raccolta a recupero abbia avuto una crescita annua del 14%, ancora molto c’è da fare per la salvaguardia dell’ambiente. Soprattutto se si pensa all’obiettivo europeo di eliminare dalle discariche UE i rifiuti in plastica entro il 2020.

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Guardando all’Italia, dei 3,3 milioni di tonnellate di rifiuti urbani plastici prodotti, solo il 50,9% è stato destinato alla filiera del riciclo e del riutilizzo a fini energetici, mentre il restate 49,1% è stato stoccato in discarica. Molto è dovuto alla forte disomogeneità nella fase di raccolta: nel solo 2012, se al Nord si sono raccolti 19,3 kg di plastica per abitante, al Sud ci si è fermati a soli 8,9 kg. Ma molto è imputabile anche alla percezione negativa dell’opinione pubblica rispetto all’incenerimento della plastica per la produzione di energia. Per quanto riguarda, invece, la produzione nostrana di imballaggi, assestatasi nel 2014 a 14.589 tonnellate, il decremento della plastica (-2,6%) contrasta con l’aumento di altre tipologie di imballaggi, quali l’acciaio (3%), l’alluminio (6,8%) e i poliaccoppiati flessibili da converter (3,9%).

Che si stia già pensando a un cambiamento di rotta nella salvaguardia dell’ambiente? Lo speriamo. Intanto, l’obiettivo “plastica zero” sembra più vicino.

Elisa Scarlingi